Nel terzo trimestre 2025 andamento stabile dell’inflazione nell’eurozona
Si è leggermente increspata quella Usa; si è indebolito il mercato del lavoro americano e ciò ha convinto la Fed a tagliare i tassi di un quarto di punto
Per assurdo l’entrata in vigore dei dazi e l’approvazione dello stimolo fiscale americano hanno reso meno incerto il futuro. L’economia globale si è dimostrata resiliente, sono venuti meno i timori di recessione. Le tensioni geopolitiche sono cresciute ma continuano a essere ignorate dai mercati.
L’inflazione, dopo essere rientrata nel primo semestre al 2% – obiettivo Bce – si è stabilizzata nel trimestre. Si è leggermente increspata quella Usa. Si è indebolito il mercato del lavoro americano e ciò ha convinto la Fed a tagliare i tassi di un quarto di punto (segui tassi e valute su www.aritma.eu).
Per quanto riguarda la Bce, dopo i quattro tagli da 25 cent. nel primo semestre con il depo passato dal 3% al 2%, nel trimestre appena concluso i tassi ufficiali sono rimasti stabili con il depo al 2%, il refi al 2,15% e il rifinanziamento marginale al 2,40%. In 15 mesi il depo è sceso dal 4% al 2%. È proseguita la riduzione del bilancio Bce con il calo dei portafogli App (80 mld a trimestre) e Pepp (50 mld a trimestre) con conseguente riduzione della liquidità in eccesso che comunque resta elevata (2.500 mld; nel 2022 era a 4.800 mld). La riduzione sta avvenendo senza creare tensioni sui mercati obbligazionari.
La riunione della Fed di settembre si è conclusa con un taglio di 25pb (il primo da dicembre 2024), come atteso. Il Fed Fund è al 4%-4,25%. Il FOMC appare diviso ma preoccupato per il rallentamento del mercato del lavoro. L’inflazione resta sopra il target, ma i rischi legati ai dazi sembrano ora contare meno nelle decisioni rispetto a quelli sull’occupazione. La Fed nel 2024 aveva tagliato tre volte (settembre 50 cent.; 25 cent. a novembre e dicembre). La banca centrale nel trimestre è stata sottoposta ad attacchi alla propria indipendenza da parte dell’amministrazione Usa.
Nell’eurozona l’inflazione ha mostrato un andamento molto stabile – in area 2% – nel trimestre. La “core” (indice al netto di energetici e alimentari freschi) è calata al 2,3%: si tratta di un minimo da ottobre del 2021. L’inflazione energetica è tornata in territorio negativo su base annua da marzo e continua a rappresentare un freno per l’inflazione generale. Le pressioni al rialzo sull’inflazione sono arrivate nei mesi estivi dagli alimentari freschi: hanno influito fattori climatici (estate torrida) e l’aumento dei costi salariali nel settore agroalimentare. È proseguito nel trimestre il trend di rallentamento dell’inflazione nei servizi (dal 4% di inizio anno al 3% attuale).
Il primo semestre mostra una crescita acquisita per l’intero anno è pari all’1,2%; nel terzo trimestre (non si hanno ancora dati) gli indici anticipatori e lo spaccato delle componenti sembrano suggerire un rallentamento se non una battuta d’arresto. La domanda interna e gli investimenti – sostenuti dai tagli dei tassi – potrebbero aver compensato in parte il calo dell’export.
Negli Stati Uniti l’inflazione è salita leggermente negli ultimi mesi dal 2,7% di giugno al 2,9% di agosto (ultimo dato disponibile). A inizio anno era al 3%. L’inflazione ha mostrato segnali contrastanti tra luglio e agosto, registrando però dei rincari per i beni più esposti all’aumento dei dazi (tra i quali arredamento, abbigliamento, elettronica, componentistica auto). Il calo della componente energetica ha impedito rialzi superiori. La media delle variazioni mensili fino ad agosto è dello 0,2% contro lo 0,3% dello stesso periodo del 2024.
Lato crescita, gli accordi con i principali partner e la tregua con la Cina, in vigore fino al 9 novembre, hanno contribuito a ridurre l’incertezza e allontanare, almeno temporaneamente, una riaccensione delle tensioni commerciali. I rapporti mensili sull’occupazione di luglio e agosto hanno sorpreso verso il basso, dopo che già nel bimestre maggio-giugno la crescita dei posti di lavoro è risultata pressoché nulla.
Ulteriori segnali di debolezza emergono dalle indagini di fiducia: le componenti occupazionali dell’indice ISM si attestano su livelli recessivi e anche le rilevazioni del Conference Board segnalano crescenti difficoltà dei consumatori nel trovare lavoro. Il rallentamento degli occupati è però spiegato anche da politiche migratorie più stringenti.
A parte l’occupazione i segnali sulla crescita indicano un rallentamento nel terzo trimestre (non sono ancora disponibili stime sul Pil) e nel quarto nonostante l’importante revisione al rialzo del Pil II° trim. al 3,8% dal precedente 3,3% annualizzato. La crescita dello scorso trimestre è stata sostenuta dalle imprese che hanno incrementato gli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale, soprattutto IA. Le letture del Pil del primo e secondo trimestre non riflettono fedelmente lo stato di salute dell’economia a causa delle forti oscillazioni sul fronte delle importazioni.
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