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Lunedì, 8 dicembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Adeguamento ISTAT del canone solo con richiesta del locatore

/ Cecilia PASQUALE

Lunedì, 8 dicembre 2025

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Per gestire gli effetti dell’inflazione nell’ambito delle locazioni immobiliari, la legge prevede un meccanismo che consente di allineare l’importo del canone alle variazioni del potere d’acquisto della moneta verificatesi durante il rapporto, vale a dire l’aggiornamento del canone alle variazioni dell’indice ISTAT.

Preliminarmente, occorre chiarire che l’adeguamento ISTAT è cosa diversa rispetto ai patti di aumento del canone, posto che questi implicano un accrescimento non solo dell’espressione monetaria ma anche del valore reale del corrispettivo dovuto dal conduttore, mentre l’adeguamento importa soltanto una variazione della quantità monetaria, fermo rimanendo il suo valore effettivo.

Dal punto di vista operativo, l’adeguamento si calcola considerando una percentuale (normalmente 75% o 100%, come si vedrà di seguito) della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) rispetto al periodo di riferimento. Applicando la percentuale ottenuta al canone di locazione stabilito nel contratto, si otterrà l’aumento che può essere richiesto dal locatore.

Ad esempio, ipotizziamo un contratto con canone di locazione di 800 euro e scadenza annuale a settembre 2025, per il quale si applica una percentuale di rivalutazione del 75%. In questo caso, occorrerà procedere come segue: si calcola il 75% di 1,1 (che è la variazione percentuale dell’indice FOI di ottobre 2025 rispetto a ottobre 2024), che è pari a 0,825%, e si applica la percentuale al canone. Lo 0,825% di 800 è pari a 6,6, che è l’importo della rivalutazione; il nuovo canone, operante dal mese di ottobre 2025 sarà quindi di 806,6 euro.

Per individuare la disciplina relativa all’aggiornamento ISTAT, occorre distinguere in base al tipo di locazione.
Per le locazioni ad uso diverso dall’abitativo, l’art. 32 comma 1 della L. 392/78 stabilisce che le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira. Tali variazioni non possono essere superiori al 75% di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice FOI con riferimento ai contratti di durata non superiore a quella dell’art. 27 (comma 2).

Per queste locazioni sono necessarie, dunque, una specifica pattuizione (anche contenuta in un patto successivo al contratto, Cass. n. 15948/2000) e la richiesta da parte del locatore (cfr. Cass. nn. 27287/2021, 24753/2008).
Pertanto, è nulla, per il combinato disposto degli artt. 32 e 79 della L. 392/78, la clausola con la quale le parti convengano l’aggiornamento automatico del canone su base annuale, senza necessità di richiesta espressa del locatore, posto che l’art. 32 la presuppone (Cass. n. 3014/2012).

Inoltre, opera il limite del 75% dell’indice per le variazioni in aumento per i contratti fino a 6 anni (9 per le locazioni alberghiere), che può essere superato nel caso di contratti di durata superiore.
Per le locazioni ad uso abitativo a canone libero, dopo l’abrogazione dell’art. 24 della L. 392/78, l’aggiornamento del canone non risulta normato. Da tale lacuna gli interpreti hanno ricavato che la materia risulterebbe totalmente rimessa all’autonomia dei contraenti, i quali dovrebbero inserire una pattuizione in tal senso, con possibilità di prevedere una percentuale di indicizzazione superiore al 75% o di riferirsi a indici diversi dal FOI. Anche per le locazioni abitative, peraltro, la giurisprudenza ha affermato che la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore costituisce condizione per il sorgere del relativo diritto (Cass. n. 8301/2025; Cass. n. 11675/2014).

Le medesime considerazioni dovrebbero valere, in assenza di limiti normativi, anche per le locazioni a studenti e per i contratti transitori.
Per le locazioni a canone concordato ex art. 2 comma 3 della L. 431/98, invece, permane il limite dell’aggiornamento non superiore al 75%, come richiesto dall’art. 1 comma 9 del DM 16 gennaio 2017.

Altra questione che si pone nella prassi è la possibilità per il locatore di ottenere gli arretrati dell’aggiornamento, vale a dire gli importi di anni anteriori in cui l’adeguamento, pure previsto nel contratto, non era stato domandato. Sul punto, la giurisprudenza afferma che, ponendosi la richiesta del locatore come condizione per il sorgere del relativo diritto, il locatore stesso può pretendere il canone aggiornato solo dal momento in cui lo chiede, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati, e ciò sia in caso di locazione di immobili ad uso non abitativo, sia in caso di locazioni ad uso abitativo (cfr. Cass. nn. 14673/2003, 15034/2004 e 11675/2014).

Occorre, infine, tenere a mente che l’aggiornamento in questione, a norma dell’art. 3 comma 11 DLgs. 23/2011, non può essere richiesto, neppure se previsto nel contratto, se è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca.

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