Regimi di accesso al registro dei titolari effettivi differenziati
Se per i soggetti privati serve una motivazione giuridicamente qualificata, la P.A. può accedervi se necessario per l’esercizio di funzioni istituzionali
Lo scorso 4 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva le modifiche all’art. 21 del DLgs. 231/2007, intervento che incide in particolare sul comma 2 lettera f) ridefinendo i presupposti per l’accesso alla sezione relativa alle persone giuridiche del registro dei titolari effettivi da parte dei soggetti privati (si veda “Per l’accesso ai dati dei titolari effettivi occorre un interesse giuridico rilevante e differenziato” del 1° dicembre 2025).
La nuova formulazione prevede che, dietro pagamento dei diritti di segreteria di cui all’art. 18 della L. 580/1993, l’accesso possa essere consentito solo ai soggetti titolari di un interesse giuridico rilevante e differenziato, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per curare o difendere un interesse corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata, purché sussistano evidenze concrete e documentate della non corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale. L’interesse deve essere diretto, concreto e attuale e, nel caso di enti rappresentativi di interessi diffusi, non deve coincidere con l’interesse dei singoli appartenenti alla categoria rappresentata.
Si tratta di una modifica che restringe in modo significativo l’ambito soggettivo dell’accesso, eliminando la possibilità di consultazione generalizzata e imponendo una motivazione giuridicamente qualificata, in linea con le più recenti pronunce europee in materia di bilanciamento tra trasparenza e tutela dei dati personali. La riforma, che risponde alle richieste della Commissione europea formulate con la messa in mora del 25 settembre scorso, mira ad allineare l’ordinamento interno alla direttiva (Ue) 2024/1640, che prevede un accesso selettivo e motivato alle informazioni sulla titolarità effettiva per prevenire abusi e garantire la proporzionalità del trattamento dei dati.
Contestualmente, il 3 dicembre 2025 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 281 la legge 2 dicembre 2025 n. 182, recante “Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economica e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese”, la quale, all’art. 29 modifica anch’essa l’art. 21 del DLgs. 231/2007, introducendo la nuova lettera f-bis. Tale disposizione riconosce alle Pubbliche Amministrazioni la possibilità di accedere al registro dei titolari effettivi nell’ambito dei procedimenti e delle procedure di cui al primo comma dell’art. 10 del medesimo decreto, ossia quando svolgono compiti di amministrazione attiva o di controllo nell’ambito dei seguenti procedimenti o procedure:
- procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione;
- procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo le disposizioni di cui al codice dei contratti pubblici;
- procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati.
In sostanza, l’intervento legislativo estende alle amministrazioni la facoltà di consultare il registro quando ciò risulti necessario per l’esercizio di funzioni istituzionali connesse alla prevenzione del riciclaggio e dei reati corruttivi, alla verifica della trasparenza societaria o alla corretta gestione dei procedimenti amministrativi di natura economica.
Le due modifiche, pur intervenendo sul medesimo art. 21, disciplinano regimi di accesso differenti e pienamente coerenti con la diversa natura dei soggetti coinvolti. Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri ha natura correttiva e risponde all’esigenza di recepire gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea, introducendo un filtro rigoroso per l’accesso dei privati, mentre la legge semplificazioni, con finalità amministrative e di digitalizzazione, interviene per assicurare alle Pubbliche Amministrazioni uno strumento operativo efficace nei procedimenti previsti dall’art. 10 del decreto antiriciclaggio. Non vi è quindi disomogeneità sostanziale nei regimi di accesso, che restano chiaramente separati quanto a finalità, destinatari e condizioni applicative.
L’unica criticità, a parere di chi scrive, risiede nella tempistica e nel metodo di intervento: due provvedimenti diversi, approvati quasi contestualmente e privi di un coordinamento formale, incidono sulla stessa norma con finalità complementari, ma attraverso percorsi legislativi distinti. Il rischio non è quello di una sovrapposizione applicativa, ma di una scarsa chiarezza nella ricostruzione complessiva del dato normativo.
Tale circostanza, pur non incidendo sulla coerenza sostanziale della disciplina, dimostra ancora una volta come la stratificazione legislativa possa rendere complessa la lettura sistematica del diritto positivo, specie in un ambito tecnico e sensibile come quello della trasparenza societaria e della prevenzione del riciclaggio.
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