Registro fisso sulla sentenza che ridetermina il saldo del conto corrente con clausole nulle
Irrilevante la mancata dichiarazione della nullità parziale nel dispositivo
Di recente la Suprema Corte si è occupata della determinazione dell’imposta di registro applicabile alla sentenza che: accerta la nullità di singole clausole contenute in un contratto di conto corrente bancario senza, tuttavia, dichiararla nel dispositivo; e, conseguentemente, accoglie la domanda del correntista diretta a ottenere la rideterminazione dell’entità del saldo, al netto delle pattuizioni nulle (Cass. n. 14578/2025).
La fattispecie descritta non appare perfettamente sovrapponibile ai casi, già affrontati e risolti dalla giurisprudenza di legittimità, in cui il provvedimento giudiziale da assoggettare al registro reca, oltre all’accertamento della nullità parziale del contratto bancario, anche la statuizione di condanna dell’istituto di credito alla restituzione delle somme indebitamente acquisite.
In relazione a questi ultimi, la Cassazione si è espressa a favore dell’applicabilità dell’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, in base a quale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto, scontano l’imposta di registro in misura fissa (Cass. nn. 32476/2024 e 25610/2022). Nello specifico, la Suprema Corte ha affermato che la regola generale di cui all’art. 8 comma 1 lett. b) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 – secondo cui i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme sono assoggettati all’imposta proporzionale – postula la fisiologica validità del contratto originante le obbligazioni per le quali si chiede al giudice di pronunciare la condanna al pagamento o alla consegna: essa, dunque, lascia il posto alla norma speciale di cui all’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 allorché la condanna al pagamento di una somma di denaro o all’imposizione di un obbligo restitutorio sia consequenziale alla pronuncia dell’annullamento o alla declaratoria di nullità di un atto.
La ratio di una simile impostazione risiede nell’assenza di trasferimento di ricchezza che connota l’effetto restitutorio dell’indebito conseguente alla declaratoria di nullità del contratto perché, in siffatti casi, la decisione altro non fa che ripristinare lo status quo ante dei rispettivi patrimoni delle parti. Inoltre, a sostegno dell’applicazione del registro in misura fissa alla sentenza che dichiara la nullità parziale di un contratto di conto corrente e, per l’effetto, condanna l’istituto di credito a pagare l’indebito al correntista, la Cassazione, anche nella recente ordinanza n. 16441/2025, ha precisato che il campo di operatività dell’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 non può essere circoscritto alla sola fattispecie della dichiarazione di nullità totale del contratto ex art. 1418 c.c., ma comprende pure il caso della dichiarazione di nullità parziale di cui all’art. 1419 c.c., allorquando la ripetizione delle prestazioni eseguite contra legem postula la ulteriore sopravvivenza del contratto adeguato mediante la sostituzione automatica delle clausole nulle con la disciplina legale.
Nel caso esaminato dall’ordinanza n. 14578/2025, i principi di diritto illustrati finora apparivano di dubbia applicazione. Innanzitutto, la sentenza non recava una statuizione di condanna della banca alla restituzione di somme, ma si limitava ad accertare il saldo del conto corrente, come richiesto dal correntista; era, pertanto, necessario stabilire se essa dovesse essere qualificata quale pronuncia di mero accertamento, da assoggettare all’imposta di registro proporzionale, con aliquota dell’1%, ai sensi art. 8 comma 1 lett. c) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86. In secondo luogo, la sussumibilità del provvedimento nell’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 era messa in discussione dal fatto che la declaratoria di nullità parziale del contratto di conto corrente non era esplicitata nel dispositivo.
La Cassazione ha, tuttavia, ritenuto che nessuno tra i profili evidenziati fosse idoneo a mettere in discussione l’assoggettabilità del provvedimento all’imposta di registro fissa ai sensi della norma da ultimo citata, posto che la rideterminazione del saldo operata dalla sentenza non poteva che essere frutto del ricalcolo delle somme indebitamente scomputate in forza dell’applicazione delle clausole nulle e la richiesta di accertamento formulata dal correntista, ancorché non accompagnata dalla domanda di condanna al pagamento delle somme (per l’evidente capienza del saldo), conteneva necessariamente l’azione ex art. 2033 c.c. Neppure la mancata inclusione dell’accertamento della nullità parziale del contratto nel dispositivo della decisione poteva considerarsi dirimente ai fini della non riconducibilità della stessa nell’alveo dell’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Prima I, allegata al DPR 131/86, atteso che tale accertamento era comunque chiaramente evincibile dalla motivazione. Diversamente, sarebbe introdotta una discriminazione fra la parte che abbia proposto la domanda di nullità parziale e che ottenga la relativa declaratoria nel dispositivo e la parte che l’abbia egualmente formulata e non l’ottenga, benché essa sia contenuta nella motivazione e sul suo accoglimento sia fondato il dispositivo.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41