Finanza esterna per il cross cram down
Per l’omologazione forzosa, non è necessaria l’esistenza di un surplus concordatario
L’omologazione del concordato preventivo in continuità ai sensi dell’art. 112 comma 2 del DLgs. 14/2019 (CCII) è uno degli istituti del diritto della crisi rispetto al quale si sono registrati i maggiori dibattiti interpretativi.
La sentenza del Tribunale di Pavia del 2 aprile 2025 consente di mettere a fuoco i presupposti di principio del cross class cram down e di formulare qualche ulteriore considerazione di tecnica professionale.
I giudici di merito, opportunamente, richiamano gli obiettivi della omologazione forzosa, come declinati dalla direttiva Ue 1023/2019: il mantenimento dei posti di lavoro, l’esecuzione di contratti in essere, la preservazione del know how, la gestione proficua del territorio e dell’indotto che l’esercizio di impresa genera, almeno nel caso in cui nel progetto di continuità abbia riposto fiducia almeno un creditore che potrebbe ottenere di più dalla liquidazione; ritengono inoltre che la circostanza che la continuità aziendale generi un beneficio ai creditori rispetto alla prospettiva liquidatoria non rappresenta invece, in re ipsa, una finalità ritenuta essenziale dal legislatore europeo.
Ciò significa che, ai fini dell’omologazione forzosa, l’esistenza di un surplus concordatario non è necessaria in quanto il maggior valore di soddisfazione per i creditori può ben derivare meramente dalla finanza esterna, rappresentata, in sostanza, da risorse provenienti da terzi, diversi dal debitore, che vengono poste a servizio delle passività concordatarie, senza transitare per il patrimonio del debitore stesso.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Pavia, l’assenza di surplus concordatario era una delle ragioni addotte da un creditore per motivare la propria contrarietà al cross class cram down richiesto dalla società debitrice, una volta constatato che la proposta concordataria non aveva raccolto il voto unanime delle classi. L’opposizione era sostenuta, da parte del ricorrente, facendo leva anche su due precedenti giurisprudenziali: la sentenza del Tribunale di Mantova 14 marzo 2024, confermata dalla Corte d’Appello di Brescia 17 novembre 2024.
Il Tribunale di Pavia ha rilevato, sul punto, che il precedente giurisprudenziale richiamato ha ad oggetto (meramente) la verifica della condizione di cui alla seconda parte dell’art. 112 comma 2 lett. d) del CCII. Tale disposizione, per quanto qui rilevante (le modifiche apportate dal correttivo-ter al CCII non hanno rilievo nel caso di specie), chiede che, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la proposta di concordato abbia ricevuto voto favorevole da una classe di creditori che sarebbero stati almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione. La soddisfazione di questa condizione, in effetti, presuppone che la proposta contenga un surplus concordatario, affinché sia possibile effettuare la verifica che la classe che ha votato favorevolmente sarebbe stata, ancorché parzialmente, soddisfatta mediante il riparto dell’attivo secondo la absolute priority rule. Tale verifica richiama, necessariamente, la sussistenza di un surplus concordatario da ripartire con la relative priority rule, in assenza del quale la classe in parola non sarebbe stata beneficiaria di alcuna soddisfazione.
Il caso trattato dai giudici di Pavia attiene, invece, alla omologazione trasversale nella quale la proposta concordataria abbia ricevuto il voto favorevole della maggioranza delle classi di creditori, che la rende possibile ove trovino soddisfazione le condizioni di cui alle lettere a), b) e c), nonché della prima parte della lettera d) del medesimo art. 112 comma 2, rispetto alla cui verifica l’esistenza di un surplus concordatario è ininfluente.
In punto di fatto, peraltro, il concordato era in continuità indiretta e si basava (anche) sull’affitto dell’azienda nonché sulla (separata) locazione dell’immobile in cui essa era condotta, il tutto accompagnato da due offerte irrevocabili di acquisto, la prima relativa al medesimo compendio aziendale e la seconda al citato immobile. Si osserva che nella proposta di concordato l’immobile in cui era condotta l’azienda (di proprietà della medesima società) era stato considerato estraneo al perimetro del complesso aziendale ex art. 2555 c.c., circostanza non così consueta. Non si ha modo di conoscerne le ragioni, pur rilevando che, in linea di principio, dalla scelta adottata consegue un diverso trattamento della operazione ai fini della imposizione indiretta (imposta di registro vs. IVA).
Una seconda annotazione sulla struttura della proposta riguarda il fatto che il terzo si era impegnato anche a versare un ulteriore importo rispetto al prezzo di acquisto del complesso aziendale e dell’immobile, a condizione della duplice aggiudicazione di tali asset.
È interessante notare che tale apporto aggiuntivo è stato qualificato come finanza esterna, sia dal debitore che dal Tribunale (oltre che, si ritiene, dal commissario giudiziale e dall’esperto), in quanto evidentemente non riconducibile al valore attribuito a quanto acquisito, con la conseguenza di rendere non applicabile a tale provvista né la absolute, né la relative priority rule.
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