Alla Consulta il diniego di iscrizione a ruolo per omesso contributo unificato
Per la Cassazione la misura, in quanto pensata per «fare cassa», potrebbe costituire un irragionevole ostacolo all’accesso alla tutela giurisdizionale
A quasi un anno di distanza dall’entrata in vigore della L. 207/2024 (legge di bilancio 2025), l’ordinanza interlocutoria n. 32227 della Cassazione, depositata ieri, 11 dicembre 2025, pone al vaglio della Consulta i sospetti di illegittimità costituzionale che, sin dalla sua genesi, hanno circondato l’art. 1 comma 812 lett. a n. 2) della legge medesima.
Si ricorda che la norma in questione è intervenuta sul testo dell’art. 14 del DPR 115/2002 (Testo unico delle spese di giustizia), disponendo l’aggiunta del comma 3.1, cui è demandata l’individuazione dei casi in cui l’omesso pagamento del contributo unificato costituisce condizione ostativa rispetto all’iscrizione a ruolo – e, dunque, alla trattazione e alla decisione – delle cause civili. Il nuovo comma dispone testualmente che: “Fermi i casi di esenzione previsti dalla legge, nei procedimenti civili la causa non può essere iscritta a ruolo se non è versato l’importo determinato ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera a), o il minor contributo dovuto per legge”.
Con una nota informativa del 30 dicembre 2024, il Ministero della Giustizia ha poi chiarito che il divieto di iscrizione a ruolo opera allorché, ferme le esenzioni previste dalla legge:
- il contributo unificato, dovuto per legge in misura pari o inferiore a 43 euro, non sia stato integralmente versato;
- sia dovuto per legge un contributo di importo superiore a 43 euro e la parte che chiede l’iscrizione non abbia versato almeno l’importo di 43 euro.
Nella concreta fattispecie che ha dato origine all’ordinanza interlocutoria n. 32227/2025, ove si riscontrava un’ipotesi di mancato pagamento del contributo unificato (neppure nella misura minima di 43 euro) da parte del ricorrente principale, l’applicazione del richiamato art. 1 comma 812 della L. 207/2024 avrebbe dovuto portare alla chiusura in rito del procedimento con dichiarazione di improcedibilità.
Da qui, la decisione di rimettere alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 comma 812 della L. 207/2024 in relazione alle norme parametro artt. 3, 24 e 111 Cost.
Sotto il profilo della rilevanza della questione, la Suprema Corte osserva che il termine “causa” impiegato dall’art. 1 comma 812 della L. 207/2024 è anche sinonimo di “ricorso” e, pertanto, è applicabile al giudizio di Cassazione. Inoltre, dal punto di vista temporale, il ricorso, in quanto depositato dopo il 1° gennaio 2025, rientra nel perimetro applicativo della disposizione censurata.
A supporto della non manifesta infondatezza, l’ordinanza n. 32227/2025, dopo aver rilevato che, per giurisprudenza ormai pacifica, il contributo unificato ha natura di debito tributario (tra le tante, Cass. SS.UU. 3 aprile 2025 n. 8810), propone un excursus delle numerose occasioni nelle quali la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulla conformità a Costituzione delle norme che subordinano l’accesso alla tutela giurisdizionale all’assolvimento di un onere tributario.
Tra queste, ad esempio: la sentenza 30 ottobre 2001 n. 333; la sentenza 6 dicembre 2002 n. 522 e la sentenza 7 giugno 2022 n. 140.
Dalle statuizioni sopra richiamate (senza entrare nel merito delle questioni concretamente affrontate e risolte), si trae l’enunciazione di una regola generale che secondo la Corte rimettente dovrebbe costituire la chiave di lettura per la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 812 della L. 207/2024: gli oneri tributari possono condizionare l’accesso alla giustizia se perseguono l’obiettivo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze, ovvero se risultano razionalmente collegati alla pretesa dedotta in giudizio; per converso, gli oneri tendenti al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’esperimento della tutela giurisdizionale e, pertanto, comportano la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.
A detta dell’ordinanza interlocutoria, l’art. 1 comma 812 della L. 207/2024 preclude l’accesso alla giurisdizione in nome di un interesse di natura fiscale, senza che l’onere imposto alla parte abbia un qualche collegamento con il migliore svolgimento della funzione giurisdizionale. Si tratterebbe, in altri termini, di una norma dettata con l’unico obiettivo di “fare cassa”, esercitando una coazione indiretta a carico di chi intenda avvalersi del servizio giustizia e finendo, così, per palesare la sua contrarietà agli artt. 24 e 111 Cost.
I dubbi di legittimità costituzionale della disposizione censurata, sui quali si attende la risposta della Consulta, sono, infine, sollevati dall’ordinanza interlocutoria anche in relazione al principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., il quale (tra gli altri motivi) risulterebbe violato, nella sua dimensione sostanziale, per la mancata previsione di un’eccezione a volta consentire l’accesso alla giurisdizione a chi sia privo di mezzi e non possa versare la somma richiesta.
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