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FISCO

Registro fisso sulla sentenza di nullità parziale del contratto e condanna alla ripetizione

Il principio di alternatività IVA registro non si applica alla ripetizione dell’indebito

/ Carmela NOVELLA

Lunedì, 15 dicembre 2025

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Con l’ordinanza n. 32137, pubblicata il 10 dicembre 2025, la Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui la sentenza che dichiara la nullità parziale di un contratto di conto corrente bancario (nella specie, relativamente alla clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e della commissione di massimo scoperto) e, per l’effetto, condanna l’istituto di credito alla restituzione degli importi indebitamente corrisposti dal correntista, sconta l’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986.

Di conseguenza, a essa non è applicabile il disposto di cui alla nota II all’art. 8 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, ove si prevede una fattispecie di esonero dall’imposta di registro proporzionale, in ragione del principio di alternatività IVA registro, limitatamente agli atti giudiziari di cui all’art. 8 comma 1 lett. b) della Tariffa, Parte I, del DPR 131/1986 “nella parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto”.

È stata così sconfessata la soluzione, fatta propria dall’impugnata sentenza d’appello, la quale, invece: da un lato, aveva ricondotto il provvedimento giudiziario entro le previsioni di cui all’art. 8 comma 1 lett. b) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986; dall’altro, aveva escluso l’applicabilità dell’esonero di cui alla Nota II richiamata, sul presupposto che la pronuncia di condanna esulasse dal campo di applicazione dell’IVA.
Quando al primo profilo, i giudici di legittimità hanno evidenziato che, per giurisprudenza oramai consolidata, i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori o alla restituzione di denaro devono essere assoggettati a imposta di registro proporzionale ex art. all’art. 8 comma 1 lett. b) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, a meno che la condanna al pagamento di una somma di denaro non discenda dal contestuale annullamento o dalla declaratoria di nullità di un atto: in tal caso, trova, infatti, applicazione l’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, a mente del quale i provvedimenti giudiziari che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni, o la risoluzione di un contratto scontano l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro (tra le tante, Cass. n. 30706/2025).

L’ordinanza n. 32137/2025 ha, inoltre, ritenuto di dover dare continuità alla tesi, già fatta propria dalla Cassazione, secondo cui rientrano nel perimento applicativo dell’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986 anche i provvedimenti giudiziari che dichiarano la nullità parziale del contratto ai sensi dell’art. 1419 c.c. (come, in effetti, era avvenuto nel caso di specie), con conseguente condanna alla ripetizione delle prestazioni eseguite contra legem, sia pur nella sopravvivenza del contratto adeguato mediante la sostituzione automatica delle clausole nulle con la disciplina legale (Cass. n. 16441/2025).

Acclarata la riconducibilità della sentenza che aveva dichiarato la nullità parziale del contratto di conto corrente bancario all’art. 8 comma 1 lett. e) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, l’ordinanza in commento ha osservato che in tale ipotesi l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa prescinde dall’eventuale soggezione a IVA (per quanto in regime di esenzione operante per i contratti bancari ex art. 10 comma 1 n. 1) del DPR 633/1972) delle prestazioni che debbano essere restituite in forza della pronunzia giudiziale.

La conclusione sopra esposta è sorretta dal richiamo a una serie di precedenti con i quali la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che il principio di alternatività IVA registro opera nei soli casi tassativamente indicati dall’art. 8 comma 1 lett. b) della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986 e, stante, peraltro, il suo contenuto agevolativo, non è suscettibile di applicazione estensiva (tra le tante, Cass. n. 32476/2024).

Si tratta, in sostanza, “dei soli provvedimenti giudiziari che accolgono la domanda di adempimento, dando attuazione coattiva alla prestazione dovuta in virtù del contratto di cessione di beni o di prestazione di servizi. Per cui, restando sempre quest’ultimo la fonte delle obbligazioni di dare o di fare, il regime fiscale dell’operazione non muta in relazione alla coattività dell’adempimento”. La stessa logica non potrebbe operare con riguardo ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento, posto che in tali casi il contratto di cessione di beni o di prestazione di servizi è caducato ex tunc dalla pronunzia (ricognitiva o costitutiva) dell’autorità giudiziaria, le prestazioni adempiute sono private ab origine di titolo giustificativo e le parti sono abilitate alla relativa ripetizione (in natura o per equivalente) al fine di reintegrare lo status quo ante dei rispettivi patrimoni.
Viene, dunque, conclusivamente affermato che il principio di alternatività di cui all’art. 40 del DPR 131/1986 non può trovare applicazione alla ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. conseguente all’accertamento della nullità o alla pronuncia dell’annullamento di un atto da parte dell’autorità giudiziaria.

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