Critiche costruttive solo se propongono alternative concrete e soluzioni
Caro Direttore,
io non ho partecipato al congresso di Napoli. Nessuna presa di distanza fra me e il CNDCEC, mi è solo nato (grazie a Dio) un figlio da poco e mi riusciva difficile assentarmi per tre giorni da casa.
Ho seguito però con interesse le cronache del congresso sui media e ho poi letto i resoconti di chi vi ha partecipato che sono apparsi negli ultimi giorni su questo giornale. In molti degli interventi ho notato dei rilievi negativi, neppure troppo sommessi. Alcuni hanno criticato l’assenza di temi “di categoria”, altri l’eccessiva “mediaticità”, altri ancora l’assenza dei politici e, in definitiva, fra le righe, tutti hanno criticato le scelte compiute dal presidente nazionale. O perché ha volato troppo alto, dimenticando la quotidianità della professione, o perché c’era troppa tecnologia di comunicazione, o perché vuole “scendere in campo” e così i politici hanno preso le distanze.
Pochi invece (quasi nessuno, a parte l’editoriale con cui proprio tu hai dato l’avvio al dibattito) quelli che hanno sottolineato che la rilevanza e i contenuti dell’evento hanno raggiunto un livello probabilmente mai toccato prima d’ora, anche se non so con che costi.
Claudio Siciliotti non ha bisogno della mia difesa, né io della sua benevolenza, ma proprio per questo voglio rimarcare che nessuno ha scritto: che questi risultati mai sarebbero stati raggiunti senza l’unificazione delle due professioni, che Siciliotti – assieme ad altri – ha fortemente voluto; che questo congresso è stato la logica conseguenza di una idea strategica perseguita con grande determinazione e coerenza, che i commercialisti, fino a due anni fa considerati solo dei settequarantisti, ora parlano di fisco, ma anche di scienza delle finanze, di controllo dei conti, ma anche di governance societaria, di flussi di cassa, ma anche di sviluppo sostenibile, di anatocismo bancario, ma anche di accesso al credito, di liti tributarie, ma anche della crisi della giustizia civile.
Il bello, tra l’altro, è che non ne parlano solo fra di loro, ma anche al Paese, e sono pure ascoltati.
L’impressione è che tutto ciò dia un pochino fastidio. A chi ha sempre detto che nulla può cambiare, a chi vive di tattica elettorale del consenso e non di strategia politica, a chi “gli rode” perché non è protagonista e a chi, infine, sente il bisogno di criticare solo per far capire che esiste.
Le critiche sono costruttive solo quando non si limitano a censurare, ma propongono concrete alternative e soluzioni, idee, spunti e non mere petizioni di principio. Tutte caratteristiche di cui non ho notato una particolare presenza nei commenti di molti editorialisti di categoria.
Io non credo di essere uno yes man (ad esempio il progetto sull’accesso al credito e il connesso disegno di legge non mi piacciono e l’ho sempre detto), ma, senza nascondere i tanti problemi che dobbiamo ancora risolvere, sono grato e ammirato per quanto il consiglio nazionale e Claudio Siciliotti hanno fatto in questi tre anni di mandato, e credo che la pensino come te tantissimi colleghi che non scrivono sui giornali.
Ho pensato così che fosse opportuno scrivere quanto sopra, se non altro perché l’assenza di questa voce non si notasse ancor più della presenza di quelle di dissenso.
Marco Pezzetta
Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Udine
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