La PEC dovrebbe essere un’alternativa, non l’unica scelta possibile
Caro Direttore,
mi permetta una breve replica all’articolo con il quale si dava eco alla chiusura del dominio di posta elettronica cndc.it prevista in maniera definitiva ed improrogabile per il 31 dicembre 2010 (si veda “Il 31 dicembre chiudono gli indirizzi di posta con il dominio @cndc.it” del 15 novembre 2010).
Non mi vergogno di far parte di quell’esiguo gruppo di colleghi – meglio identificato dal Direttore generale Rosi con il pronome “qualcuno” – che ha manifestato il suo disappunto per la chiusura di detto servizio ed ha più volte richiesto che lo stesso potesse essere mantenuto con l’unica opportuna modifica – a seguito dell’unificazione con i ragionieri – del dominio in cndcec.it.
È certamente vero che tutti i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge statale sono obbligati a dotarsi di un indirizzo di PEC ma, francamente, mi riesce molto difficile poter sostenere che la PEC è sostitutiva della normale e ordinaria posta elettronica.
Lo stesso Direttore Rosi afferma che “volevamo ci fosse un’alternativa per tutti gli iscritti”. La PEC, infatti, deve ritenersi un’alternativa ovvero deve essere una possibilità data agli iscritti di scegliere – nella fattispecie – tra uno o più strumenti di comunicazione, non può certo essere l’unica!
Sarebbe come sostenere che la posta ordinaria/prioritaria debba essere soppressa in quanto è stata istituita la posta raccomandata A/R (e con esempi del genere si potrebbe scrivere un libro).
Non credo che i colleghi del Consiglio Nazionale abbiano mai provato – ad esempio sotto campagna Bilanci e Dichiarazioni dei redditi – a comunicare con i propri clienti tramite PEC per richiedere dati, schede contabili e documenti diversi.
Se lo avessero fatto, forse, avrebbero anche loro potuto riscontrare:
- una farraginosità e lentezza del proprio programma di gestione di posta elettronica;
- una duplicazione di mail tra avvisi di invio e ricevute di notifica;
- un continuo squillare del telefono col quale il cliente, cui veniva inviata la PEC, comunicava che non era in grado e/o capace di aprirla con ulteriore perdita di tempo per il professionista.
Senza considerare che la nostra professione ci impone ogni giorno di essere raggiungibili sempre ed ovunque nell’interesse dei nostri clienti, cosa impossibile da farsi con la PEC che – diversamente dalla vecchia ed ordinaria posta elettronica – non si può leggere e/o scaricare dai più comuni telefoni cellulari e/o smartphone.
Evidentemente il Consiglio Nazionale ha optato per fornire agli iscritti solo questo strumento e non anche quello di posta elettronica ordinaria.
A malincuore ne prendo atto. Sarebbe forse stato meglio, però, giustificare detta scelta in maniera diversa, senza farla passare come un obbligo di legge o tantomeno dare degli “affezionati” del “retrò” a quelli che, come il sottoscritto, con la posta elettronica ordinaria ci lavorano tutti i giorni.
Siamo veramente sicuri “che non si poteva fare altrimenti”?
Prevedere ad esempio – per chi ne avesse fatto richiesta – la possibilità di aggiornare il proprio vecchio indirizzo di posta elettronica con il nuovo dominio cndcec.it (peraltro già in uso), anche a fronte eventualmente di un piccolo contributo annuo?
Lorenzo Spoletti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Udine
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