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Domenica, 1 giugno 2025

LETTERE

Il Fisco dovrebbe essere più rispettoso delle nostre competenze

Mercoledì, 13 marzo 2013

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Caro Direttore,
sono un Dottore Commercialista di Novi Ligure (AL). Ho quasi 43 anni. Sono in quella fascia di età intermedia tra i giovani professionisti e quelli più maturi, caratterizzata già da una certa esperienza maturata sul campo e da ancora una notevole voglia di approfondire gli argomenti e di documentarsi.
In buona sostanza, sono o dovrei essere nell’età “d’oro”, quel periodo, cioè, della vita professionale di piena maturità nella quale, probabilmente, si maturano le competenze più elevate, sorrette ancora da una discreta vigoria fisica (utile anche per il lavoro) che inevitabilmente tenderà a scemare oltre i 50 anni di età.
In pratica, dovrebbe essere la fase della propria vita lavorativa caratterizzata dalle maggiori soddisfazioni professionali e anche reddituali. Purtroppo così non è e non credo che dipenda esclusivamente da me.

Ebbene, l’altra sera, mentre leggevo una vostra dispensa in tema di “Beni concessi in godimento ai soci o familiari dell’imprenditore”, mi sono sorpreso a pensare al livello del contenuto professionale che viene richiesto agli studi professionali nel redigere la famosa comunicazione, ad oggi, in scadenza il 2 aprile 2013.
Adempimenti di questo tipo, insieme ad altri altrettanto “massivi” che ci vengono continuamente richiesti, sono a dir poco umilianti.

Capisco che ogni informazione in più che l’Agenzia delle Entrate richiede possa esserle utile per fini accertativi, e capisco anche l’utilità in sé e per sé della norma, ma in nome di tutto questo non possono essere sempre calpestate le nostre competenze professionali, ridotte alla mera elaborazione di dati a favore dell’Agenzia stessa. Tutto può essere utile all’Agenzia delle Entrate, ma, ragionando così, tra qualche anno quali altri dati dei nostri clienti dovremo comunicare al Fisco?

Noi professionisti abbiamo il diritto di essere qualcosa di più, di occuparci di altro, ma questo non è possibile, soprattutto in studi professionali di provincia (è il mio caso) nei quali i titolari si devono occupare anche di questi adempimenti direttamente, trascurando, magari, un’operazione straordinaria importante.
Si badi bene: non ho alcun astio nei confronti dell’Agenzia (sono figlio di un ex funzionario, io stesso per breve tempo ho lavorato come verificatore fiscale) e credo di essere una persona sufficientemente equilibrata. Quello che vorrei è che le norme (di legge, attuative, ecc.) tenessero nel giusto conto il parere (formale o informale, non importa) di noi commercialisti prima di diventare tali. Se così fosse, un adempimento come quello sopra citato, anche se teoricamente utile, forse non avrebbe visto la luce, perché eccessivamente oneroso e poco (o niente) rispettoso delle competenze professionali della nostra categoria.

Anche noi professionisti (io in primis) abbiamo le nostre colpe. Sempre presi a rincorrere le scadenze (e forse anche perché, tutto sommato, siamo di indole individualista) non ci occupiamo mai del nostro potere “sindacale” e alla fine, tra mille borbottii e arrabbiature, facciamo sempre quello che ci viene richiesto. Forse dovremmo darci una mossa e renderci un interlocutore credibile da consultare, prima che la frittata sia fatta.


Paolo Alloisio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Alessandria

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