Proviamo a batterci per una definizione esclusiva delle nostre competenze
Caro Direttore,
continuiamo purtroppo a leggere di lamentele dei colleghi e di strenue difese della categoria rispetto alle vere e proprie aggressioni mediatiche, generaliste ovvero di escapologi e affini.
E dopo oltre 35 anni di professione resto ancora sorpreso dalla diffusa genuina astrazione dei colleghi dalle motivazioni reali che determinano tutto ciò.
In un “mercato” sempre più regolamentato dalla “comunicazione”, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti: vince chi è più “presente” quotidianamente nell’immaginario e nelle “orecchie ed occhi” dell’interlocutore, chi porta novità immediate, chi porta vantaggi immediati: poco importa se poi nel medio/lungo periodo i risultati positivi dell’immediato si confermeranno.
La competizione globale e totale è oggi, solo oggi... nel diman non v’è certezza.
Ed allora, in queste condizioni di “mercato”, dove impera la “comunicazione” e le tanto declamate liberalizzazioni, quando verrà il momento di riconoscere ed affermare tutti che, senza chiare e definite esclusive penalmente perseguibili, gli Ordini professionali – e nel merito il nostro al quale, sia chiaro, mi onoro di appartenere dal 1986 – sono ormai da abolire quale presidio della “fede pubblica”?
Ha ancora un senso parlare oggi – dove tutto si consuma in un lampo – di principi etici, di formazione continua, di specializzazione, di competenze, se oggi permane il principio fondante delle liberalizzazioni, cioè l’assenza di esclusive professionali?
Come in passato, ci ritorno ancora una volta sul tema: senza esclusive professionali non si va da nessuna parte, proprio da nessuna parte.
Ha ragione il collega Francesco Falcone quando afferma che le specializzazioni o le garanzie di professionalità sono “concetti interni” dei nostri contesti professionali: al cliente poco importano, l’importante è il risultato, meglio se immediato, per il resto si vedrà (si veda “Contro le teorie escapologiche bisogna cambiare comunicazione” del 10 aprile 2018).
E pensiamoci: tutto ciò solo perché non succede come nel mondo degli avvocati o dei medici, dove chi non lo è, è un “abusivo” perseguito penalmente, senza se e senza ma.
Quindi, senza fare più inutili discussioni, proviamo a batterci affinché vi sia una chiara definizione esclusiva delle nostre competenze, iniziando dalla redazione di dichiarazioni o di bilanci, che sia attività riservata ai nostri iscritti: spazzeremo via in un colpo solo CAF che si avvalgono sostanzialmente di personale notoriamente improvvisato ed avventizio, escapologi e varie amenità.
Creiamo, ad altro esempio, un obbligo affinché le contabilità, per essere veritiere e a presidio – questa volta sì – della “fede pubblica” siano tutte, ma proprio tutte, asseverate da colleghi responsabilizzati ad evitare situazioni contabili artefatte, che fanno tanto comodo a tanti imprenditori per accedere a credito bancario e fiscalità di vantaggio e che tante problematiche di insolvenze e di evasione poi determinano.
Ci vuole così tanto per comprendere che senza esclusive non si va da nessuna parte? Proprio come le altre professioni che se le tengono ben strette.
Se non ragioniamo di queste cose, a mio avviso è meglio ormai tacere: senza sprecare fiato inutile, continuiamo così, a testa bassa, a impegnarci tutti i giorni, lasciando ad altri sempre più il nostro spazio, ma almeno non perdendo più tempo utile.
Gianni Tomo
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Napoli
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