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EDITORIALE

C’è vita oltre gli ISA

/ Giancarlo ALLIONE

Sabato, 21 settembre 2019

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Mancano poche ore all’inizio della seconda edizione del forum “Fisco & Futuro”, che si terrà lunedì prossimo, 23 settembre, al Teatro Carignano di Torino dalle 14:00 alle 19:00 con lo scopo di analizzare il Piano Industria 4.0 e la Robot tax, nelle loro possibili implicazioni, sociali ed economiche, nel breve e nel lungo periodo (l’iscrizione all’evento è gratuita sul sito https://fiscoefuturo.it).

Mi è chiaro. È quasi ora di versare il secondo acconto 2019 e non sappiamo ancora bene come calcolare il saldo 2018. Però, anche se siamo solo commercialisti, inidonei perfino a fare un affitto d’azienda di un chiosco che vende panini, possiamo e dobbiamo dire la nostra sulle questioni cruciali che investono il futuro di tutti. Anche se non abbiamo tempo, perché passiamo tutto il giorno e parte della notte a gestire i problemi di tutti, privati e imprese, dal battesimo alla sepoltura. Possiamo e dobbiamo, proprio perché nessuno conosce la realtà come la conosciamo noi.

Per questo penso sia una grande opportunità dedicare un po’ del tempo che non abbiamo per cercare tutti insieme di guardare un po’ più in là delle incombenze quotidiane. Perché, forse, c’è vita oltre gli ISA.

Ho detto tutti insieme, in quanto immaginare il futuro è il cuore della politica, ma nello stesso tempo, per passare dal libro dei sogni al libro del possibile, occorre coniugare visione politica e sapere tecnico.

Sappiamo che le imposte sono il presupposto necessario per finanziare i servizi primari che i cittadini domandano: difesa, sicurezza, istruzione, salute, pensioni, infrastrutture. Per contro sappiamo anche che oggi le entrate tributarie, e ovviamente previdenziali, sono in larghissima parte derivanti dalla tassazione del lavoro umano, autonomo e dipendente.

Si pone quindi il dilemma: agevoliamo, supportiamo, finanziamo lo sviluppo tecnologico, affinché le imprese, dopo aver delocalizzato, si dotino sempre più di macchine e strumenti per sostituire il più possibile il lavoro umano rimasto, anche quello intellettuale, per poi scervellarci e spendere somme enormi per assistere coloro che avranno perso quel lavoro? Senza dimenticare che queste tecnologie sono, come sono, prevalentemente di fonte estera e generano un sempre più cospicuo flusso di royalties che vanno a finire chi sa dove, magari proprio esentasse. Una specie di IMU perpetua da pagare, via Isole Cayman o Irlanda, su tutto quello che facciamo, dall’aprire il cancello a mandare i razzi sulla luna.

Il lavoro ha una immensa rilevanza sociale, prima che economica.

Il nostro sogno è avere quante più persone possibile che si guadagnano da vivere, e sottolineo guadagnano, orgogliose di quello che fanno e magari di insegnarlo alle generazioni future o ambiamo a masse di plebi nullafacenti dipendenti in toto dalla spesa pubblica con il sovrano di turno impegnato a conquistarne il consenso promettendo questa o quella prebenda?

Il lavoro, specie quello intellettuale, è, o almeno è stato, anche un formidabile strumento, alternativo al diritto per nascita, per ridistribuire la ricchezza in modo auspicabilmente proporzionato alla quantità e qualità dell’apporto prestato. Abolire il lavoro, volendo estremizzare, significherà ripartire di nuovo l’umanità, come nel Settecento, tra moltitudini che si contendono la sussistenza e pochi ricchissimi che possiedono la titolarità della tecnologia?

Il disegno che stiamo tracciando è un mondo fatto da qualche migliaio di nababbi con il panfilo ormeggiato a Cannes, Montecarlo o Dubai e 8 miliardi di straccioni? Oppure ci aspetta una sorta di comunismo illuminato; un mondo dove le persone finalmente libere dal giogo di doversi procurare di che vivere con il sudore della fronte, riceveranno dalle macchine ciò che serve in quantità e qualità prestabilite (da chi?) e potranno così dedicarsi a fare ciò che più piace loro?

Ma forse esiste un terzo scenario. La tecnologia libererà risorse umane, fisiche e cognitive, a favore di nuovi lavori, meno faticosi e più appaganti, che oggi non riusciamo nemmeno a immaginare e ci lascerà più tempo libero per una qualità della vita migliore.

Sono questioni davvero rilevanti e affascinanti. Per questo vale la pena dedicarci un po’ di tempo per cercare di capire in anticipo dove si vuole andare e cercare poi di governare i processi per arrivarci, con l’ambizione di esserne protagonisti.

Bello che siano i commercialisti a provarci. Anche se ci sono gli ISA.

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