Imporre quel prezzo per le mascherine significa non sapere cosa sia un’impresa
Gentile Redazione,
abbiamo tutti conoscenza della questione del prezzo imposto delle mascherine provocato dal dott. Arcuri.
La produzione mondiale delle mascherine è migrata in estremo oriente per evidenti ragioni di costo, concetto ampio che include non solo il costo della manodopera, ma anche il costo della gestione del rapporto di lavoro.
Da noi si inizia con comunicare l’assunzione prima dell’assunzione e, nel caso di licenziamento, sempreché sia ammesso, con indennità varie a cominciare dal preavviso. Addirittura in questo momento è impedito il licenziamento per giustificato motivo economico.
Per non parlare delle normative “a latere” (sicurezza, ambiente, privacy, antiriciclaggio, 231 etc).
Da quelle parti il rapporto di lavoro inizia il giorno che inizia e finisce ad libitum il giorno che finisce, non credo abbiano le (giuste) garanzie che ci sono qui e la normativa di contorno.
Considerando anche le economie di scala nella vendita all’ingrossissimo (ordini di milioni di pezzi) rispetto ad una vendita parcellizzata (una confezione da tre pezzi), è chiaro che i prezzi sono diversi. Mi pare fosse stato teorizzato da tale Karl Marx.
Imporre quel prezzo e parlare di “speculatori” significa non avere la benché minima idea di cosa sia un’impresa e tantomeno avere un’idea di cosa sia un’impresa gestita in Italia.
Mi sembra che sia una rappresentazione adeguata della visione di chi ci governa oggi: non un membro del parlamento ha stigmatizzato le “battute” del dott. Arcuri. Quindi arguisco che “la pensano come lui”.
Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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