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Senza la dichiarazione del creditore pignoratizio, il terzo opera la ritenuta del 20% sull’intera somma

/ REDAZIONE

Giovedì, 24 novembre 2022

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Con la risposta a interpello n. 570, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, ai fini dell’applicazione della ritenuta del 20% di cui all’art. 21 comma 15 della L. n. 449/97 nell’ambito della procedura di pignoramento presso terzi, il terzo non ha l’obbligo di verificare se le somme che corrisponde al creditore pignoratizio rientrino in fattispecie per cui deve essere operata una ritenuta alla fonte, in base a disposizioni di legge.

Incombe, invece, sul creditore l’onere di dimostrare che le stesse attengono a ipotesi per le quali la ritenuta non deve essere operata, ad esempio, dichiarando al terzo erogatore l’eventuale ammontare corrispondente all’IVA che non deve essere assoggettato a ritenuta e, nell’ipotesi in cui la somma da erogare comprenda crediti di diversa natura, aventi rilevanza reddituale solo in parte, la parte imponibile da assoggettare a ritenuta. 

In mancanza di una specifica dichiarazione del creditore, il terzo è sempre tenuto ad applicare la ritenuta (circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2011, § 1.3). Tale impostazione è funzionale a semplificare l’adempimento del terzo erogatore, il quale può non essere a conoscenza della natura reddituale delle somme che eroga.

Nel caso di credito riguardante gli onorari professionali da corrispondere a un avvocato, incluse le spese di monitorio, precetto ed esecuzione, in assenza di una dichiarazione attestante l’insussistenza delle condizioni per l’applicabilità della ritenuta anche solo in parte, il terzo è tenuto ad applicarla, senza effettuare alcuna ulteriore indagine. A livello più generale, l’Agenzia osserva che, in ogni caso, tali spese (di monitorio, precetto ed esecuzione) costituiscono compenso professionale e come tali assumono rilevanza ai fini IRPEF per il creditore pignoratizio.

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