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FISCO

Valida la cessione del terreno a un valore inferiore a quello della perizia di rivalutazione

Questo principio si è consolidato in giurisprudenza ed è stato accolto dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate

/ Salvatore SANNA

Mercoledì, 19 novembre 2025

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La rivalutazione dei terreni è un tema di attualità nel mese di novembre considerato che la legge di bilancio 2025 ha introdotto “a regime” questa tipologia di agevolazione.

Per i terreni (agricoli e edificabili) posseduti al 1° gennaio di ciascun anno, viene infatti consentito a persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto, rilevante ai fini delle plusvalenze imponibili ex art. 67 comma 1 lett. a) e b) del TUIR, attraverso il versamento dell’imposta sostitutiva del 18% entro il 30 novembre del medesimo anno.

L’imposta sostitutiva si applica sull’intero valore risultante dalla perizia dei terreni (e non quindi solo sull’incremento di valore attribuito), con l’aliquota del 18%.

Assumono efficacia determinante, ai fini del perfezionamento della procedura, da un lato, la redazione di una perizia giurata di stima e, dall’altro, l’assoggettamento del detto valore ad imposta sostitutiva attraverso il versamento della stessa nel termine previsto (Cass. 12 marzo 2018 n. 5981).

Fino alla pubblicazione della circolare n. 1/2021, l’Agenzia delle Entrate ha emesso avvisi di accertamento in cui veniva disconosciuta la validità della rivalutazione dei terreni quando i contribuenti cedevano i medesimi a un valore inferiore a quello di perizia.
Tuttavia, la Suprema Corte si esprime in senso contrario da diverso tempo.

In particolare, è stato osservato che la scelta del contribuente di calcolare il valore del bene secondo il regime di cui all’art. 7 della L. 448/2001 non determina alcun vincolo nella successiva vendita e non limita pertanto la facoltà di alienare il bene a un prezzo inferiore. In questa ipotesi, quindi, deve escludersi la decadenza del contribuente dal beneficio e la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di calcolare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri previsti dall’art. 68 del TUIR, ossia secondo il costo di acquisto (cfr. anche Cass. 28 settembre 2016 n. 19242).

In sostanza, il valore di perizia costituisce, ai sensi del comma 6 dell’art. 7 citato, quello normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, di registro, ipotecarie e catastali: pertanto, l’eventuale cessione a un prezzo inferiore non può dare diritto al recupero di minusvalenze.

Muovendo da queste considerazioni, le sentenze della Cassazione a Sezioni Unite del 31 gennaio 2020 nn. 2321 e 2322 hanno enunciato un principio di diritto secondo cui la cessione di un terreno con l’indicazione nell’atto di vendita di un corrispettivo inferiore al valore di perizia non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato all’opzione per la rideterminazione del costo fiscale del terreno.

Anche la successiva ordinanza della Cassazione n. 3462 del 2023 ha ribadito questo principio.
Naturalmente, la cessione al valore determinato dalla perizia oppure a un valore diverso dichiarato nell’atto di vendita non preclude in generale all’accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria. Infatti, gli Uffici conservano il potere di accertare se il valore individuato attraverso la perizia giurata di stima corrisponde alla realtà, in quanto il richiamo dell’applicabilità a detta perizia dell’art. 64 c.p.c. non attribuisce alla medesima la forza di atto pubblico, ma possiede l’unico scopo di assoggettare il professionista incaricato alla responsabilità penale del consulente tecnico d’ufficio.

Laddove l’accertamento evidenziasse un valore maggiore rispetto a quanto dichiarato nell’atto di cessione, al contribuente verrebbe contestata la plusvalenza, applicando l’art. 68 del TUIR, ma tenendo conto della differenza tra il valore minimo normale dichiarato in occasione della rivalutazione del terreno (ossia, il valore sul quale il contribuente ha assolto l’imposta sostitutiva) e il nuovo valore accertato dall’Ufficio.

Resta fermo il potere di accertamento degli Uffici

In sintesi, possono verificarsi tre ipotesi:
- il valore della cessione risulta inferiore a quello determinato nella perizia di stima, senza che l’Agenzia delle Entrate ne accerti uno superiore: in questo caso, il cedente non può recuperare la minusvalenza;
- il valore viene accertato entro quello dichiarato in perizia ex art. 7 della L. 448/2001: in tale circostanza, non si realizzata alcuna plusvalenza, in quanto il contribuente avrebbe già adempiuto ai suoi obblighi fiscali mediante il versamento dell’imposta sostitutiva;
- a prescindere dal prezzo di cessione, l’Amministrazione finanziaria accerta un valore superiore rispetto a quello dichiarato, il che comporta, quando dimostrato, una plusvalenza determinata secondo i criteri previsti dall’art. 68 del TUIR, partendo tuttavia dal valore dichiarato ai sensi del sopramenzionato art. 7 e non dal valore d’acquisto.

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