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Alla BCC non spetta il rimborso del versamento per il conferimento in spa

Il versamento è stato fatto allo scopo di evitare di entrare in un gruppo bancario cooperativo o di dover devolvere il capitale

/ REDAZIONE

Mercoledì, 19 novembre 2025

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Con la sentenza n. 30379, pubblicata ieri, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’istanza di rimborso presentata da una ex banca di credito cooperativo per la restituzione di un importo di poco più di 54 milioni di euro versato nelle casse dello Stato.

Il versamento era conseguente al conferimento dell’azienda bancaria effettuato, in favore di società per azioni, dalla ricorrente quando era una banca di credito cooperativo.
Avendo un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro al 31 dicembre 2015, essa si era avvalsa della facoltà (c.d. way out) di non aderire a un gruppo bancario cooperativo di cui all’art. 37-bis del DLgs. 385/93 e di non effettuare neppure operazioni di fusione o trasformazione ex art. 36 dello stesso DLgs., che avrebbero comportato la conseguente devoluzione ex art. 17 della L. 388/2000 del patrimonio ai fondi mutualistici di cui all’art. 11 comma 5 della L. 59/92.

La strada seguita dalla ricorrente è stata quella del conferimento dell’azienda bancaria in una società per azioni che continuasse l’esercizio dell’attività (restando alla conferente l’onere di mantenere le clausole mutualistiche di cui all’art. 2514 c.c. e di assicurare ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la conferitaria).
Da ciò è derivato, ai sensi dell’art. 2 commi 3-bis e 3-ter del DL 14 febbraio 2016 n. 18, l’onere di versare al bilancio dello Stato un importo pari al 20% del patrimonio netto al 31 dicembre 2015 (oggetto dell’istanza di rimborso da cui è nato il contenzioso).

In relazione a tale importo, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 149/2021, ha stabilito che non si tratta di un tributo, bensì del “prezzo” dell’opzione per il conferimento come alternativa all’ingresso in un gruppo bancario cooperativo (che, invece, la legge intendeva favorire).

Si tratta del prezzo per l’opzione esercitata e non di un tributo

Richiamando la qualificazione dell’onere effettuata nella richiamata sentenza, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30379/2025 ha confermato, come già in secondo grado, la non spettanza del rimborso, rigettando tutte le motivazioni a sostegno avanzate dalla ricorrente, ivi comprese la violazione della Direttiva 17 luglio 69 n. 69/335/Cee avente a oggetto le imposte indirette sui conferimenti e della Direttiva 19 ottobre 2009 n. 2009/133/Cee avente a oggetto la neutralità dei conferimenti di azienda.

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