ACCEDI
Martedì, 16 dicembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

NOTIZIE IN BREVE

Imponibili i dividendi che non rimangono nella disponibilità della sub-holding europea

/ REDAZIONE

Martedì, 16 dicembre 2025

x
STAMPA

A distanza di un paio di giorni dall’ordinanza n. 32149/2025 la Cassazione, con l’ordinanza n. 32467 del 12 dicembre 2025, riguardante la medesima casistica, torna sulla clausola del beneficiario effettivo di cui all’art. 27-bis comma 5 del DPR 600/73, giungendo a conclusioni opposte.
La questione riguarda l’omessa applicazione, in virtù dell’art. 10, § 2, lett. a) della Convenzione Italia-Danimarca, della ritenuta alla fonte sui dividendi corrisposti, nel 2011, dalla controllata italiana alla socia danese, a sua volta partecipata dalla capogruppo statunitense.

A differenza di quanto concluso nell’ordinanza n. 32149/2025 (riguardante il 2008), con la nuova ordinanza n. 32467/2025 la Suprema Corte ha disconosciuto in capo alla sub-holding danese la natura di beneficiaria effettiva, individuata invece in capo alla controllante statunitense con conseguente applicazione della ritenuta del 5% in applicazione dell’art. 10 della Convenzione Italia-USA.
La società danese, infatti, non aveva la disponibilità materiale e giuridica dei dividendi percepiti dalla controllata italiana (“dominion test”), in quanto questi confluivano in una cassa comune (c.d. “cash pooling”) formalmente affidata a una società olandese del gruppo “ma in realtà nella disponibilità della sola casa madre statunitense tramite una filiale dislocata in Svizzera”.

Inoltre, la società danese non esercitava in concreto alcuna attività economica, né quella tipica di una sub-holding cd. “pura”, in quanto non svolgeva “un ruolo di gestione delle partecipazioni societarie detenute” (“substantive business activity test”).

Da ultimo “la pluriennale corrispondenza via e-mail tra la società americana e le società europee” dimostrava come “la direzione effettiva del comparto europeo promanasse dalla società statunitense e che la società danese fosse un mero schermo interposto fra la controllante statunitense e le controllate europee, strumentale all’elusione impositiva” (“business purpose test”).

TORNA SU