Il giudice di merito decide sull’inclusione delle «indennità estero» nella retribuzione nazionale
Con l’ordinanza n. 3200 depositata ieri, 10 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha affermato che è il giudice di merito che deve valutare l’inclusione o meno della c.d. “indennità estero” (ovverosia le indennità connesse con lo svolgimento all’estero della prestazione lavorativa) nella retribuzione nazionale, su cui va calcolata la fascia della retribuzione convenzionale di cui all’art. 4 del DL 317/87.
Il giudice deve tenere in considerazione le pattuizioni fra le parti ed esaminare, di volta in volta, se il compenso sia:
- sinallagmaticamente collegato alla prestazione lavorativa;
- o se, invece, sia erogato esclusivamente in relazione alla maggior gravosità connessa con il rendere la prestazione al di fuori dei confini nazionali, implicando il sacrificio del lavoratore in termini di vita personale.
Questa differenza, secondo la Cassazione, determina la natura retributiva o non retributiva dell’indennità estero e quindi la sua inclusione nel calcolo della retribuzione nazionale, su cui va calcolata la fascia della retribuzione convenzionale.
Si ricorda che la determinazione delle retribuzioni convenzionali produce effetti sia sotto il profilo fiscale, sia sotto il profilo contributivo. Per quanto concerne gli aspetti fiscali, l’art. 51 comma 8-bis del TUIR prevede, in deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, che il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di 12 mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni (ma che continuano a essere qualificati come fiscalmente residenti in Italia), venga determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministro del Lavoro.
In sostanza, le retribuzioni convenzionali si sostituiscono alle retribuzioni effettivamente erogate.
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