Sbagliato contestare la detrazione dell’IVA sul preliminare in assenza del rogito
Gentile Redazione,
leggo con sconcerto l’ennesima sentenza della Cassazione, la n. 5421/2025, che mi induce a sospettare di una versione clandestina della Gazzetta Ufficiale.
Stefano Spina ne dà un esaustivo resoconto su Eutekne.info (si veda “In assenza del rogito si può perdere il diritto di detrarre l’IVA sul preliminare” del 22 marzo): vale la pena di considerare che, nella fattispecie, una società ha versato 2,4 milioni di euro (IVA compresa) per l’acquisto di un immobile, acquisto mai perfezionatosi a causa del sopravvenuto fallimento del promittente cedente.
L’Agenzia delle Entrate contesta al promittente cessionario la detrazione dell’imposta e la Cassazione accoglie tale tesi, sostenendo che a causa del venir meno dell’operazione il cessionario ha l’obbligo di rettificare (art. 26 del DPR 633/72) la detrazione a suo tempo operata, conservando peraltro la facoltà di rivalersi sulla controparte per la restituzione dell’imposta.
Non coglie nel segno, redarguisce la Suprema Corte, l’eccezione della contribuente secondo cui in tal modo si determinerebbe una violazione del principio di neutralità in quanto la contribuente resterebbe quasi certamente incisa dal tributo in ragione della mancata solvibilità della controparte... perché l’allegazione di una definitiva incisione dal tributo data sostanzialmente per certa è di per sé inammissibilmente generica... (il lessico involuto serve a celare il sostanziale sberleffo).
Così che il malcapitato si trova a sborsare altri 400 mila euro, che potrà recuperare soltanto in punto di diritto (ma non di fatto) per un immobile che non vedrà mai.
Nei testi che di solito consulto, l’art. 26 pone la rettifica in diminuzione quale mera facoltà del cedente, con obbligo “in tal caso” di contemporanea rettifica anche da parte del cessionario. Ma la Cassazione rinvia al superiore ordinamento della sesta direttiva, sebbene la citazione sia un po’ bricconcella, omettendo la parte finale del comma, dove si dice che la base imponibile viene debitamente ridotta “alle condizioni stabilite dagli Stati membri”.
E a quanto mi consta l’Italia ha codificato quelle condizioni nell’art. 26, nella versione disponibile a noi mortali.
Vale anche la pena ricordare che, per prassi consolidata, l’emissione della nota di credito è consentita solo al cedente, per cui la rettifica in autonomia da parte del cessionario lascerebbe immutato il debito di imposta da parte del cedente, con buona pace del principio di neutralità dell’imposta, anch’esso, mi pare, citato da qualche parte della famosa direttiva.
Gianni Fontanesi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Reggio Emilia
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