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Sabato, 9 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Azioni oggetto di piani di stock option comprese nella retribuzione convenzionale

Il loro costo fiscale dovrebbe coincidere con il valore normale alla data di esercizio dell’opzione

/ Emanuele LO PRESTI VENTURA

Sabato, 9 agosto 2025

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Il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti residenti in Italia e che nell’arco di dodici mesi soggiornano oltreconfine per un periodo superiore a 183 giorni, viene determinato sulla base delle c.d. “retribuzioni convenzionali”.

La retribuzione così forfetizzata assorbe ogni erogazione relativa all’incarico estero, ivi inclusi i compensi in natura, eccezion fatta per le indennità di fine rapporto “corrisposte da imprese italiane al personale italiano che abbia prestato lavoro all’estero alle loro dipendenze” (circ. Min. Finanze 16 novembre 2000 n. 207, § 1.5.7).

Tale aspetto ha accompagnato la norma, oggi art. 51 comma 8-bis del TUIR, sin dal suo debutto ed è stato ribadito, tra le altre, in tempi più recenti con la risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate 17 novembre 2021 n. 783: in tal caso, in particolare, gli importi ricavati dalle tabelle ministeriali sono stati ritenuti comprensivi del valore “normale” delle azioni oggetto di un piano incentivante rivolto ai dirigenti, il cui diritto di attribuzione (c.d. “vesting period”), poi esercitato in forma gratuita, era maturato durante lo svolgimento all’estero dell’attività della persona, per conto di una società svizzera sua datrice di lavoro.

In merito, è appena il caso di ricordare che i redditi di lavoro dipendente derivanti dalle attribuzioni di azioni, trattandosi di compensi in natura, devono essere valorizzati secondo quanto previsto dall’art. 51 comma 3 del TUIR, che rimanda al “valore normale” ex precedente art. 9: più nel dettaglio, il reddito da lavoro dipendente imponibile è dato dalla differenza tra il “valore normale” delle azioni oggetto del piano e l’eventuale prezzo pagato (il c.d. “strike price”) al momento dell’esercizio dell’opzione.

Tanto premesso, una questione che, per quanto noto allo scrivente, non è stata sino a oggi espressamente affrontata dagli Uffici concerne la valorizzazione fiscale delle partecipazioni acquisite in casi come quello rappresentato nella risposta n. 783/2021, da spendere tipicamente in sede di loro successiva, financo contestuale, cessione.

Al riguardo, l’art. 68 comma 6 del TUIR identifica le plusvalenze qui di interesse nella differenza tra il corrispettivo percepito e il costo o il valore di acquisto “assoggettato a tassazione”.
Traslando tale locuzione al contesto, appunto, delle partecipazioni assegnate in ragione dei piani predetti, la risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate 11 aprile 2023 n. 289, in merito al costo fiscale di azioni cedute da una persona che aveva ricevuto le stesse gratuitamente mentre era residente negli Stati Uniti, ha rimarcato come il dato potesse essere assunto nel relativo “valore normale” alla data di esercizio dell’opzione, a condizione che lo stesso fosse stato, appunto, tassato, in questo caso oltreconfine, quale compenso in natura in capo al dipendente (in passato, così anche circolare Min. Finanze 25 febbraio 2000 n. 30).

Nessun dubbio dovrebbe porsi circa il fatto che le azioni ricevute dal contribuente al centro della risposta n. 783/2021, nonché in tutti i casi similari, abbiano un preciso valore fiscale, sicuramente diverso da zero.
Il valore normale delle stesse, infatti, per come calcolato alla data più volte ricordata, rispetto altresì all’eventuale prezzo pagato, viene incluso di fatto, seppur non analiticamente, nella retribuzione convenzionale e, come tale, viene tassato. Nello stesso precedente appena rammentato, se mai ce ne fosse bisogno, si sottolinea che “il valore delle azioni maturate nel periodo in cui era in corso il rapporto di lavoro, ricevute dall’istante in esecuzione del piano incentivante al quale è stato ammesso, deve essere considerato incluso nella retribuzione convenzionale”, lasciando pertanto intendere, a chiare lettere, come non si sia certo in presenza di azioni ricevute a priori esentasse.

Per tutto quanto precede, quindi, non dovrebbe esserci dubbio alcuno, come detto, circa il fatto che le azioni in commento possano e debbano assumere, ai fini dei successivi loro tipici realizzi, un preciso costo fiscale, pari, nello specifico, al valore normale che le stesse avevano nel momento in cui la persona ha esercitato l’opzione, frutto, a sua volta, della somma tra l’eventuale “strike price” e un valore differenziale da considerarsi certamente tassato ai fini IRPEF a titolo di reddito di lavoro dipendente.

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