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FISCO

Per il contributo a fondo perduto rimane l’avviso di recupero

Cambia radicalmente la modalità di instaurazione del contenzioso

/ Alfio CISSELLO

Lunedì, 18 agosto 2025

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Con la sentenza n. 124/2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 1 comma 10 del DL 137/2020 e 25 comma 12 del DL 34/2020 nella parte in cui devolvono le controversie in tema di contributo a fondo perduto alla giurisdizione tributaria, pur non trattandosi di entrate fiscali.

Questa pronuncia ha effetto sia per i ricorsi contro gli atti di recupero, sia per i ricorsi contro la comunicazione di scarto della domanda di contributo/diniego di autotutela, relativamente ai quali si assiste a una certa mole di contenzioso pendente.
Per le controversie sullo scarto della domanda di contributo, ad esempio per errori nell’indicazione del codice IBAN, già prima dell’intervento della Consulta era stata ritenuta sussistente la giurisdizione ordinaria (Cass. SS.UU. 13 dicembre 2023 n. 34851).

Bisogna evidenziare che l’incostituzionalità ha riguardato solo la fase processuale, quindi successiva alla notifica dell’atto da impugnare.

Per effetto dell’art. 3 del DLgs. 546/92, il difetto di giurisdizione è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, quindi salvo si sia formato il giudicato (interno o implicito):
- il ricorso contro l’atto di recupero del contributo a fondo perduto andrà presentato al Tribunale da un avvocato, nelle forme previste per la giurisdizione ordinaria;
- se il ricorso è ormai stato notificato e depositato, spetta alla Corte tributaria disporre la translatio iudicii a favore del Tribunale ai sensi dell’art. 59 della L. 69/2009 e il processo andrà riassunto nei termini di legge pena la sua estinzione (se, come talvolta accaduto, la translatio iudicii è stata ormai disposta, il processo prosegue senza particolarità da evidenziare dinanzi al giudice ordinario).

La riassunzione presso il giudice ordinario, come prevede l’art. 59 della L. 69/2009, deve avvenire pena l’estinzione del processo entro tre mesi da quando la sentenza che ha disposto la translatio iudicii è passata in giudicato, quindi non si pone un problema di coordinamento tra riassunzione ed eventuale impugnazione della sentenza che ha disposto la translatio iudicii.
Tradotto in parole più semplici, se la sentenza che, prima della pronuncia n. 124 della Corte Costituzionale, ha disposto la translatio iudicii è stata appellata, ora la Corte di secondo grado non la potrà che confermare e da quando spirano i termini per il relativo ricorso in Cassazione decorrono i 3 mesi per la riassunzione.

Per il resto, “In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma 1, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova” (art. 59 comma 5 della L. 69/2009).
Nel processo tributario le prove sono quasi solo documentali, quindi il Tribunale ben potrà valutare i documenti prodotti in Corte tributaria.

Processo da instaurare dinanzi ai Tribunali

Per quanto riguarda il versante procedurale, nulla cambia.
L’incostituzionalità, come accennato, concerne il solo contenzioso dunque rimane la decadenza degli otto anni per recuperare il contributo, rimane l’avviso di recupero, rimangono le sanzioni dal 100% al 200% per il contributo indebitamente percepito.

Se si vuole contestare il recupero in sede giudiziale, ci sarà una ordinaria azione di accertamento dinanzi al giudice ordinario, alla quale non dovrebbe come logica conseguenza applicarsi la decadenza dei sessanta giorni, prevista dall’art. 21 del DLgs. 546/92 per il solo processo tributario.

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