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Venerdì, 15 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Chiariti i redditi diversi da costituzione o cessione di diritti reali immobiliari

Criterio fondato sulla «novità» o «preesistenza» del diritto reale per distinguere le operazioni che ricadono nella lett. b) o h) dell’art. 67 del TUIR

/ Anita MAURO e Salvatore SANNA

Venerdì, 15 agosto 2025

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Con la conversione in legge del DL 84/2025, è entrata in vigore la norma di interpretazione autentica dell’art. 67 del TUIR, inserita nel comma 1-bis dell’art. 1 del DL, sulla tassazione tra i redditi diversi delle cessioni di diritti reali immobiliari da parte di soggetti non imprenditori. La disposizione, qualificata espressamente come “interpretazione autentica”, nel rispetto dell’art. 1 comma 2 della L. 212/2000, ha effetti retroattivi.

I dubbi interpretativi risolti dal citato comma 1-bis dell’art. 1 del DL sono sorti con l’entrata in vigore, il 1° gennaio 2024, dell’art. 1 comma 92 della L. 213/2023, che ha modificato la disciplina delle plusvalenze immobiliari di cui all’art. 67 del TUIR, sancendo un diverso trattamento impositivo per gli atti di:
- cessione a titolo oneroso di immobili e di diritti reali immobiliari, che continuano a ricadere nella lett. b);
- “costituzione degli altri diritti reali di godimento”, che rientrano nella lett. h) del TUIR.
Fino ad allora, invece, a parte il diritto di usufrutto (la cui “concessione” era già contemplata dalla lett. h) dell’art. 67 del TUIR), il trattamento della costituzione di diritti reali era assimilato a quello delle cessioni, in forza dell’art. 9 comma 5 del TUIR.

La L. 213/2023 ha modificato la lett. h) dell’art. 67, includendovi anche i redditi diversi derivanti “dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento”, imperniando il diverso trattamento impositivo (derivante dalla riconducibilità alla lett. b) o h) dell’art. 67) sulla natura di “cessione” o di “costituzione” del negozio.
Il “passaggio” dalla lett. b) alla lett. h) comporta importanti differenze nel trattamento impositivo, posto che:
- la cessione a titolo oneroso di fabbricati (lett. b) genera un reddito diverso imponibile quando avviene entro 5 anni dalla costruzione o dall’acquisto e il corrispettivo percepito supera il costo storico di acquisto o costruzione, e, per questa tipologia di plusvalenza (previa richiesta al notaio), il cedente può richiedere l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 26%;
- quando la costituzione di un diritto reale di godimento ricade nell’art. 67 comma 1 lett. h) del TUIR, non rileva il periodo di possesso dell’immobile e si assoggetta a tassazione IRPEF progressiva la differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla produzione del reddito, né è possibile applicare la sostitutiva.

Quindi, il legislatore fiscale ha ancorato il diverso trattamento al discrimine tra “cessione” e “costituzione” di diritti reali, ma sotto il profilo civilistico la distinzione tra le due nozioni non è così ben definita e ha generato da subito non pochi dubbi.

Per cercare di risolverli, è intervenuta ora la norma di interpretazione autentica recata all’art. 1 comma 1-bis del DL 84/2025, stabilendo che il comma 1 dell’art. 67 del TUIR “si interpreta nel senso che il reddito derivante dalla concessione di usufrutto o dalla costituzione di altri diritti reali di godimento su un bene immobile costituisce un reddito diverso imponibile ai sensi della lettera h) dello stesso comma 1 quando il soggetto disponente mantiene un diritto reale sul bene immobile, mentre si qualifica come plusvalenza, tassabile ai sensi delle lettere b) e b-bis) del comma 1 al ricorrere delle condizioni temporali ivi previste, se il disponente si spoglia contestualmente e integralmente di ogni diritto reale sul bene”. Si è così stabilito che, per distinguere le operazioni che ricadono nella lett. b) o nella lett. h), si deve utilizzare un criterio fondato sulla “novità” o sulla “preesistenza” dello stesso diritto reale trasferito in capo al cedente/costituente. In pratica:
- si ricade nella lett. b) se, per effetto dell’operazione, “il diritto reale oggetto del negozio cessa totalmente”;
- si rientra nella lett. h) se “persiste in capo al disponente un diritto reale sul bene oggetto del negozio”.

Il criterio introdotto ha il pregio di fornire un parametro “oggettivo” e stabile di distinzione. Ne dovrebbe derivare, ad esempio, che:
- l’atto con cui un soggetto aliena la proprietà di un immobile, di cui cessionari si intestano l’uno l’usufrutto e l’altro la nuda proprietà, rientra integralmente nella lett. b) dell’art. 67, in quanto il dante causa si spossessa integralmente del diritto (mentre nella risposta n. 133/2025 l’Agenzia aveva affermato il contrario);
- l’atto con cui viene ceduta la sola proprietà superficiaria di un fabbricato già edificato rientra nella lett. h) dell’art. 67 del TUIR, in quanto il dante causa mantiene la titolarità del suolo (cfr. risposta Agenzia n. 129/2025).

La nuova norma non dovrebbe mutare la tassazione degli atti di cessione della nuda proprietà con riserva di usufrutto in capo al cedente. A rigore, infatti, tale atto non “costituisce” nuovi diritti reali, ma trasferisce una proprietà “compressa” (nuda proprietà) dal diritto di usufrutto (che il cedente tiene per sé). Come illustrato anche dal Notariato (Studio n. 81-2023/C), la nuda proprietà “non è un diritto diverso dalla proprietà, ma lo stesso diritto, sebbene limitato”, sicché la cessione della nuda proprietà (con riserva di usufrutto) configura un atto (di cessione) che non riguarda “diritti reali” diversi dalla proprietà e come tale andrebbe ascritto alla lett. b) dell’art. 67.

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