Approccio pragmatico alla valutazione delle PMI partendo dai PIV
La stima delle PMI deve tener conto dei principi di valutazione, alla luce della limitata base informativa e degli adattamenti per catturare il fattore «size»
Il principio di valutazione (PIV) III.2.4., nel trattare la valutazione di imprese di differenti dimensioni, ha il pregio di consentire all’esperto valutatore di “calare” il dettato dei PIV in contesti aziendali in cui, oltre all’obiettivo che informa la perizia di stima, occorre considerare alcune peculiarità fondamentali che condizionano la scelta dell’approccio valutativo derivante dalla differente dimensione.
Sul punto si è soffermato anche il contributo tratto da una tavola rotonda poi pubblicato nella rivista dell’Organismo italiano di valutazione (OIV), La valutazione delle Aziende del dicembre 2019, in cui sono stare esposte, tra le altre, le seguenti considerazioni:
- le imprese di minori dimensioni possono essere soggette a un maggior rischio di “spiazzamento competitivo” rispetto a quelle grandi; peraltro, occorre prestare attenzione al singolo caso concreto evitando generalizzazioni come, ad esempio, l’applicazione sistematica di un size premium aggiuntivo al costo del capitale;
- è auspicabile un approccio valutativo calibrato che si focalizzi sulle peculiarità della PMI oggetto di valutazione (si pensi alla dipendenza dall’imprenditore);
- appare chiaro che i profili di specificità dovrebbero riflettersi nei flussi di cassa attesi ma, avendo a che fare spesso con una base informativa incompleta, vi è la necessità pratica di intervenire sul tasso in via convenzionale per correggere rischi specifici di varia natura, indipendenti dalla size.
Ne emerge la necessità di motivare le scelte valutative effettuate analizzando lo specifico contesto aziendale. Anche la recente giurisprudenza richiede riferimenti concreti nelle perizie; a titolo esemplificativo, si cita la sentenza del Tribunale di Milano del 10 giugno 2021: nel caso esaminato il Tribunale analizza e apprezza il percorso valutativo effettuato da un CTU che, nel rispondere al quesito formulato, applica al costo del capitale una maggiorazione legata al fattore dimensionale abbinata a un rischio di execution di un piano aziendale caratterizzato da rilevante crescita. Dal testo del provvedimento si evince come l’azienda in esame fosse di piccole dimensioni e priva di strumenti basilari di pianificazione; la CTU presentava, inoltre, a supporto della quantificazione del costo del capitale, un preciso riferimento a contributi dell’OIV pubblicati in materia.
Sul tema, il contesto francese, seppur in assenza di un corpus di principi di valutazione di riferimento, si caratterizza per un approccio più pragmatico rispetto al nostro. L’Ordre des Experts-Comptables ha realizzato una guida sulla valutazione dal titolo emblematico: “Mission d’évaluation d’une entreprise”. La Compagnie Nationale des Commissaires aux Comptes ha predisposto, oltre a due guide generali, un contributo sulla valutazione delle start up. L’Administration fiscale, inoltre, ha pubblicato la “Guide de l’évaluation des entreprises et des titres de sociétés” per le valutazioni ai fini fiscali.
Infine, l’associazione di categoria dei revisori francesi pubblica periodicamente, dal 2014, i dati dell’observatoire de la valeur des moyennes entreprises fornendo l’indicazione di multipli derivanti da transazioni applicabili per le PME francesi non quotate; la Compagnie des Conseils et Experts Financiers fornisce periodicamente il costo del capitale e i multipli di imprese articolati in funzione del settore aziendale e della dimensione.
Ne consegue che, sebbene all’interno delle guide ufficiali si rinvenga un approccio simile a quello italiano, i professionisti francesi hanno a disposizione banche dati nazionali in cui rinvenire parametri per la stima di imprese non quotate di piccola dimensione e possono avvalersi di un approccio “fiscale” alla valutazione che, seppur datato e con criticità che sono state evidenziate in dottrina, è stato definito in maniera precisa dall’Amministrazione fiscale francese.
Un’ulteriore criticità che si rinviene nella prassi valutativa di una PMI è la quantificazione di sconti calcolati o applicando definite percentuali di abbattimento al valore complessivo aziendale oppure stimando maggiorazioni nei tassi di attualizzazione o rettifiche dei moltiplicatori. Si pensi alla difficoltà di stimare sconti per mancanza di liquidità (discount for lack of liquidity), per dipendenza da persone chiave (key person discount), per rischi da concentrazione del fatturato (concentration of customers discount), per contenzioso pendente (pending litigation discount) o passaggio generazionale non avviato (generational transition discount).
A tali difficoltà si aggiunge poi il possibile errore derivante dalla contestuale applicazione di un size discount, così configurando il rischio di possibili errori da double counting. Un’ulteriore argomentazione che impone di evitare la “tentazione” di aumentare indistintamente il costo del capitale delle PMI.
Questi temi sono oggetto di approfondimento nel volume “Guida pratica alle perizie di stima” e nella diretta web “La stima delle PMI: un approccio pragmatico alle valutazioni di azienda”, in programma il 28 novembre.
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