Rischio dichiarazione fraudolenta con altri artifici per l’imputazione fittizia di redditi
La Cassazione sottolinea l’impossibilità di collocare tale condotta nell’alveo dell’abuso del diritto
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37939, depositata ieri, ha stabilito che l’imputazione fittizia di redditi ad un soggetto diverso da quello che ne è l’effettivo possessore non può configurare un abuso del diritto, ex art. 10-bis della L. 212/2000, ma potrebbe essere ricondotta alla fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui all’art. 3 del DLgs. 74/2000.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 10-bis della L. 212/2000, configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni (comma 1). A tali fini si considerano:
- operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
- vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario (comma 2).
Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie (comma 13).
Nel caso in questione, osserva la Suprema Corte, non può venire in rilievo la previsione di cui all’art. 10-bis comma 13 della L. 212/2000. Ciò in quanto, il medesimo art. 10-bis della L. 212/2000, ma al comma 12, statuisce: “In sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando le violazioni di specifiche disposizioni tributarie”.
A fronte di ciò, si ricorda come l’art. 37 comma 3 del DPR 600/73 disponga che, in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio, “sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”.
Di conseguenza, osserva la Suprema Corte, l’imputazione fittizia dei redditi ad un soggetto diverso da quello che ne è l’effettivo possessore concretizza una vicenda giuridica che risulta essere destinataria di una specifica disposizione tributaria (l’art. 37 comma 3 del DPR 600/73, appunto), la quale, imponendo di disconoscere i vantaggi fiscali conseguiti attraverso tale modalità operativa, esclude, altresì, alla luce di quanto disposto dall’art. 10-bis comma 12 della L. 212/2000, la configurabilità dell’abuso del diritto.
Ma, non potendosi, nel caso di imputazione fittizia dei redditi, ritenere configurabile un abuso del diritto, deve anche escludersi l’applicabilità della disciplina che ne dispone la non rilevanza penale tributaria.
Con specifico riferimento alla fattispecie di cui all’art. 3 del DLgs. 74/2000, inoltre, si rileva come un limite all’applicazione della disciplina di esclusione della punibilità posta dall’art. 10-bis comma 13 della L. 212/2000 sia desumibile dall’art. 1 comma 1 lett. g-bis) del DLgs. 74/2000 (introdotto dall’art. 1 comma 1 lett. d) del DLgs. 158/2015).
Tale definizione precisa che, “per «operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente», si intendono le operazioni apparenti, diverse da quelle disciplinate dall’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti”.
Rispetto a tale dato normativo occorre considerare che la congiunzione alternativa “ovvero” consente di includere specificamente nell’ambito delle operazioni simulate “le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti” e che il sintagma “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente” è testualmente riportato nell’art. 3 del DLgs. 74/2000 per descrivere una delle possibili condotte suscettibili di integrare la fattispecie incriminatrice.
Infine, la decisione in commento osserva come, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’istituto dell’abuso del diritto di cui all’art. 10-bis della L. 212/2000 – con la correlata esclusione della rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili – presenti una applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa di cui al DLgs. 74/2000.
Di conseguenza, esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi (cfr. Cass. n. 38016/2017 e Cass. n. 40272/2015).
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