Esclusione irretroattiva dell’agibilità per i lavoratori dello spettacolo subordinati a rischio legittimità
Con l’ordinanza n. 23348/2025, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale serie speciale - Corte Costituzionale del 3 dicembre 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno posto al vaglio della Consulta una questione di legittimità costituzionale in materia di lavoro nello spettacolo vertente, in particolare, sulla mancata applicazione retroattiva dell’art. 1 comma 1097 della L. 205/2017, che ha escluso l’obbligo di richiedere il certificato di agibilità per i lavoratori con contratto di lavoro subordinato impiegati in locali di proprietà o in godimento del datore di lavoro, per i quali siano stati effettuati regolari versamenti contributivi presso l’INPS.
I giudici rimettenti ricordano, con l’occasione, come il menzionato art. 1 comma 1097 della L. 205/2017 abbia modificato l’art. 6 del DLgs. C.P.S. 708/47 che, nel testo originario, individuava l’obbligo di richiedere il certificato di agibilità per i lavoratori dello spettacolo indicati dai numeri 1 al 14 dell’art. 3 dello stesso decreto, non operando alcuna differenziazione in relazione alla natura giuridica del rapporto di lavoro.
Il legislatore, tuttavia, non ha dettato disposizioni transitorie sull’applicazione della novità, circostanza che, secondo i giudici di legittimità, non esclude l’applicazione della lex mitior, qualora si sia in presenza di un illecito amministrativo convenzionalmente penale e non vi siano ragionevoli motivi di deroga.
Va sottolineato, nondimeno, che l’art. 6 del DLgs. C.P.S. 708/47 commina, in caso di inottemperanza dell’obbligo di richiedere il certificato di agibilità, una sanzione amministrativa pari a 129 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro prestata.
A ben vedere, spiega l’ordinanza, detto illecito amministrativo, nel ricomprendere – nella versione ratione temporis vigente – anche la posizione dei lavoratori dello spettacolo con rapporto subordinato, “evidenzia indici di rilevante afflittività”, manifestando una natura sostanzialmente penale, anche alla luce dei criteri dettati dalla giurisprudenza eurounitaria (cfr. Corte EDU 14 marzo 2014 n. 18640/10); a ciò, conclude la Corte rimettendo gli atti alla Consulta, dovrebbe conseguire l’applicazione del principio di retroattività in mitius in relazione ai procedimenti ancora pendenti.
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