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OPINIONI

Il CNDCEC non deve perdere di vista le esigenze della base

È indispensabile che il Consiglio nazionale prenda le decisioni ascoltando gli Ordini locali e facendosi portavoce dell’intera categoria

/ Giorgio SGANGA

Martedì, 28 dicembre 2010

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Pubblichiamo l’intervento del segretario del CNDCEC.

Nei primi due anni di mandato, il CNDCEC ha cercato di rendere concreta una fusione, ben definita sulla carta ma difficile da attuare nella realtà. Fondere due categorie distinte, con le loro specificità in positivo ed in negativo, non è stato semplice, ma alla fine i risultati sono arrivati. La seconda parte del biennio ci ha visto soprattutto puntare sulla comunicazione e sull’immagine, per affermare la figura del commercialista quale interlocutore delle istituzioni e non, invece, quale “complice degli evasori” come purtroppo molto spesso venivamo catalogati. Dopodiché, tanta insoddisfazione per taluni (ed io sono fra questi) che si aspettavano una maggiore attenzione alle esigenze di una categoria in continua evoluzione, che si trova ogni giorno a dover far fronte a nuove problematiche, in un mercato sempre più esigente, con obblighi e scadenze sempre più stringenti e con una crisi che, checché se ne dica, non ci siamo lasciati alle spalle.

Una delle mie tante preoccupazioni è che qualcuno all’interno del Consiglio abbia dimenticato il nostro ruolo, nazionale e quello degli Ordini, circoscrizionale. Ha ragione Gerardo Longobardi (Presidente dell’Ordine di Roma), quando su questo quotidiano, oltre a rivendicare la territorialità come strumento necessario al governo del proprio Ordine, chiede al CNDCEC una seria concertazione con gli stessi Ordini, quando si devono adottare decisioni che hanno effetti sull’intera categoria (si veda “Longobardi: «Il CNDCEC collabori di più con gli Ordini territoriali»” del 15 dicembre 2010). Ritengo non solo inutile assumere decisioni importanti ancor prima di aver ascoltato Presidenti e Consigli dei vari Ordini, ma addirittura indispensabile evitare che, demagogicamente, ci si rivolga al popolo sovrano by-passando le strutture istituzionali esistenti in periferia che dovrebbero, invece, avere, fra l’altro, il compito di fare da trait-d’union con la base e raccoglierne le istanze.

Certo, ascoltare e poi non tener conto di quanto ci si dice è ancor più negativo. Basti pensare ai Principi di comportamento del Collegio sindacale per le società non quotate: il CNDCEC ha elaborato una prima bozza, ha lanciato, con grande enfasi, una pubblica consultazione e poi ha deciso senza tener conto di quanto emerso dalla consultazione; valga per tutti il non accoglimento del limite al cumulo degli incarichi, nonostante migliaia di giovani colleghi da ogni parte d’Italia in pochi giorni abbiano inondato la mail del CNDCEC di richieste in tal senso. Tutti i colleghi che seguono il dibattito, e soprattutto tutti i colleghi del CNDCEC, sanno che da sempre mi batto per far sì che venga imposto un limite. Non solo per un fatto tecnico, ma anche per far sì che concetti quali appartenenza, solidarietà, responsabilità non siano parole vuote e fini a se stesse. Per questo quando è stato necessario (e per fortuna risulta dagli atti), ho chiesto che fosse inserito un limite di 10 incarichi, dichiarandomi disponibile ad una discussione qualora il CNDCEC ed il suo Presidente avessero, comunque, accettato il principio del limite; è del tutto evidente che quale, quanto e come si sarebbe potuto stabilire solo con un ulteriore approfondimento. Nel merito, però, era già tutto deciso.

Sto iniziando a chiedermi se i risultati in termini di immagine raggiunti in questi anni siano più a beneficio di chi rappresenta la categoria o, invece, facciano sentire i loro effetti anche nei confronti di tutti i colleghi che, quotidianamente, svolgono con competenza e professionalità il proprio lavoro. Così come è bene chiedersi se i tanto “sbandierati” risultati in termini di immagine siano solo frutto del lavoro di questo Consiglio. Ritengo che il miglioramento dell’immagine parta dai tempi in cui eravamo degli sconosciuti e che man mano, grazie ai tanti rappresentanti, a livello locale e nazionale, abbia raggiunto livelli a volte insperati.

L’attuale CNDCEC è partito con un programma ben definito e sottoscritto prima dal Presidente e poi da venti Consiglieri e non ritengo che la mia proposta, peraltro disattesa, di convocare un’assemblea dei Presidenti e Vicepresidenti per fare il punto sul programma e verificare se alcune inversioni di rotta siano ben accette dalla base che ci ha eletti (Consigli degli Ordini), sia da ritenere non giustificata e/o necessaria in questo momento storico.

Sono certo che un maggior confronto con la base avrebbe potuto far capire l’importanza di deliberare positivamente su alcune proposte da me avanzate, quali la riduzione della spesa, (proprio qualche giorno fa il Presidente dell’Ordine di Venezia, il collega Miani, ci rimproverava di non essere molto attenti alle spese, si veda “Miani: «La formazione obbligatoria così non funziona»” del 13 dicembre 2010), magari partendo dai compensi dei Consiglieri o dalla riduzione delle quote nei confronti dei meno abbienti e/o dei giovani e/o dei nuovi iscritti, e molto altro ancora. Son d’accordo che c’è da fare ma, attenzione, non bisogna mai perdere di vista le esigenze della base. L’attuale CNDCEC non deve dimenticare di ascoltare la voce di chi lo ha eletto riponendo la propria fiducia nella sua capacità di farsi portavoce non del singolo, ma dell’intera categoria.

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