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LETTERE

Attività agricola «incompatibile»: scelta illogica e dannosa

Venerdì, 6 maggio 2011

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Gentile Redazione,
scrivo queste brevi righe dopo aver letto e apprezzato quello che ha scritto il collega di Brescia, Alberto Papa, e da voi pubblicato nell’edizione del 30 aprile scorso (“Commercialisti «incompatibili» con l’attività agricola: eppure aiuterebbe”).

Anch’io trovo assurdo allargare il campo di incompatibilità della nostra professione mentre il panorama produttivo italiano mi sembra più che mai asfittico.
Sono un dottore commercialista non ancora quarantenne, dell’Ordine di Avellino, e con la passione (sempre vissuta in prima persona) per la campagna e il territorio.

Vorrei perciò fare ancora un’ulteriore riflessione: non si può far entrare dalla finestra quello che si è pensato di mettere fuori dalla porta; non si può dire che l’attività di imprenditore agricolo è incompatibile con quella di dottore commercialista, salvo che le attività si configurino di mero godimento o conservative.
Impedire mediante Legge di svolgere un’attività economica (ossia limitare la libera iniziativa economica privata tutelata dall’art. 41 della Costituzione), salvo poi lasciare alle Commissioni ordinamento degli Ordini locali la facoltà di stabilire quando una certa attività agricola sia o meno conservativa o di godimento, mi sembra prima di tutto logicamente scorretto, oltre che dannoso in sé per la società complessivamente considerata.

Spero di leggere commenti e considerazioni di colleghi più autorevoli di me sull’argomento, capaci di farsi promotori di una modifica legislativa nel senso sopra auspicato.


Antonio Mauro
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Avellino

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