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LETTERE

L’assoluta moralità andrebbe ripagata con migliori condizioni di lavoro

Lunedì, 8 agosto 2011

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Caro Direttore,
seguo ormai con molto interesse il dibattito relativo al “commercialista border-line” e ho trovato interessante la lettera del dottor Tomo (“Dietro il nostro essere border-line c’è un problema di mercato” del 29 luglio 2011).

Io sono un giovane iscritto all’Albo, che sta cercando, tra mille difficoltà, di avviare il proprio studio professionale, aperto nel 2011.
Premetto che la decisione di aprire lo studio è stata presa in piena consapevolezza delle problematiche che le condizioni di mercato attuali potevano comportare, condizioni di mercato per cui l’intenzione di applicare la tariffa professionale, come il collega di Napoli auspica nella sua lettera, può essere presa solo come una provocazione.

Un giovane commercialista che si affaccia alla libera professione, per il quale anche il più piccolo professionista o imprenditore individuale rappresenta una risorsa preziosa, oggi è costretto a competere con i prezzi delle associazioni di categoria o dei centri elaborazione dati “abusivi”, che non hanno alcun obbligo di rispetto di alcuna tariffa, nessun costo per formazione obbligatoria, nessun onere per iscrizioni ad Ordini professionali, ormai svuotati di ogni significato, in quanto privi di strumenti per tutelare i propri iscritti.
L’eventuale applicazione di una tariffa professionale comporterebbe, pertanto, la fuga di quei pochi clienti che si riesce ad attrarre con tanta fatica e il conseguente il fallimento del progetto professionale.

Personalmente, è con molto entusiasmo che ho deciso di avviare questo mio progetto, nonostante le difficoltà che esso comporta, ma sono anche consapevole che, per un giovane che vuole intraprendere la professione, questa è l’unica strada praticabile, stante le improponibili condizioni economiche e lavorative che vengono imposte ai commercialisti collaboratori di studi professionali già avviati, molto spesso ai limiti dello sfruttamento, senza alcuna tutela e senza alcun tipo di collegamento all’operato o alla redditività del lavoro svolto. Mi permetto di lanciare una piccola provocazione: non è solo la tariffa a non essere disapplicata, ma molto spesso anche la deontologia tra colleghi.

Stante queste le premesse, quanti sono i giovani (e non solo) colleghi che si ritrovano in una situazione di marginalità economica? Quanti di questi potrebbero essere tentati di oltrepassare quel famoso confine?
Io ritengo che da un professionista iscritto ad un Albo sia sacrosanto pretendere assoluta moralità e probabilmente porre a suo carico sanzioni anche pesanti per eventuali comportamenti ambigui; tuttavia, questi oneri vanno ripagati, e certamente non con la selvaggia deregolamentazione di cui troppo spesso si sente parlare attualmente.


Cristian Lorenzi
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bergamo

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