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LETTERE

Per la nostra futura «governance», serve una squadra con idee chiare

Giovedì, 4 agosto 2011

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Caro Direttore,
la tua risposta al collega Tomasin sul quotidiano di sabato scorso (si veda “Tutti chiedono al Governo un serio progetto di crescita, tranne noi”) pone un “amletico” quesito sul futuro.

Nel 2012 la nostra categoria sarà chiamata ad eleggere la nuova governance su base locale e nazionale.
Nell’uno e nell’altro caso, le scelte che saranno fatte per la rappresentanza negli Ordini, nel Consiglio nazionale e nella Cassa di Previdenza non potranno prescindere dallo stato attuale, dalle non proprio rosee prospettive, da un’adeguata progettualità.

Gli approfondimenti che quotidianamente leggiamo sulle tue colonne in merito ai temi che ci riguardano, quali formazione professionale, revisione legale, riforma e giustizia tributaria, solo per citarne alcuni, necessitano di un approccio consapevole e informato, di proposte sul “da farsi”, di confronto.
Disinteressarsi di questi aspetti comporta rischi non accettabili, che potrebbero mettere in “forse” il futuro di molti colleghi e, conseguentemente, la sostenibilità previdenziale.

Prendiamo l’esempio della liberalizzazione delle professioni.
La manovra correttiva di recente approvata senza colpo ferire, grazie al cosiddetto senso di responsabilità della classe politica, sembra voglia in qualche modo urlare che è giunto il momento di far ripartire l’economia e di modernizzare l’Italia.
I media sono stati pronti a sottolineare questo “scatto in avanti” e Il Sole 24 Ore ha voluto formulare delle proposte per il rilancio del Paese, riscuotendo il plauso del Presidente della Repubblica.
Tra queste, spicca appunto quella relativa alla liberalizzazione dei servizi professionali, che il tuo giornale ha seguito con attenzione, riportando numerosi interventi di Colleghi.

Non entro nel merito della vicenda; vorrei però tornare sul concetto di rappresentanza.
Ogni società complessa fonda il proprio motivo d’essere sulle attività svolte da tutti coloro che ne fanno parte. Tali attività devono essere conformi alle regole che essa stessa ha deciso di seguire e devono svilupparsi nel principio di libertà che è ormai condiviso in una larga parte del pianeta.
Ognuno può ritenersi libero di fare quello che vuole, nel rispetto delle norme, dovendosi misurare solo con le proprie capacità e con il mercato.

La mia sensazione è che, nella vicenda di cui ci stiamo occupando, tali basilari concetti siano stati del tutto disattesi.
Sembra che chi invoca la deregulation lo faccia solo per poter occupare spazi e fette di mercato, piuttosto che per puntare alla competitività del sistema economico e a una sua maggiore produttività. E pur di farlo dimentica le regole che, nel caso specifico, traggono origine dalla Costituzione.

È in casi come questi che si sente più che mai la necessità di una guida della categoria che sia ispirata a un forte spirito d’identità, a un approccio condiviso, a un’adeguata comunicazione che, prima su base locale e poi a livello nazionale, affermi i principi su esposti.
Auspico dunque che le scelte che si andranno a fare, a partire dal rinnovo dei Consigli degli Ordini locali, non siano fondate sulla logica della conoscenza diretta o, peggio, dell’appartenenza. Spero piuttosto che chi andrà a proporsi lo farà con idee chiare e con un gruppo affiatato con cui fare squadra. Di fronte alle potenziali minacce non basta più il leader forte e rappresentativo: occorre una squadra che, con compiti chiari, sappia agire con tempestività e competenza sui molteplici fronti che possono toccare i nostri interessi.


Marco Piemonte
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Salerno
Past President Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti

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