Voluntary disclosure con «effetto moviola»
Considerando i numerosi dubbi applicativi ancora irrisolti, l’unica soluzione praticabile sembra essere la proroga del termine
Pubblichiamo l’intervento di Massimo Boidi, Consigliere dell’ODCEC di Torino.
Più passano i giorni e più ci si chiede come sarà possibile rispettare il termine del 30 settembre, ad oggi previsto per il rientro dei capitali detenuti all’estero tramite la “voluntary disclosure”.
Dopo la circolare n. 10 del 13 marzo 2015, che, detto francamente, si è contraddistinta in massima parte per la sua ovvietà, si auspicava che da lì a poco ne fosse diramata almeno un’altra (come pubblicamente annunciato anche da funzionari dell’Agenzia nel corso di alcune delle centinaia di convegni fotocopia di questi ultimi mesi), che servisse a dirimere quei dubbi operativi, che quotidianamente i professionisti si trovano ad affrontare.
Se nulla c’è da obiettare sul fatto che tutti i soggetti cointestatari di un rapporto finanziario debbano presentare, pro quota, un modello, c’è da chiedersi perché non venga presa una posizione netta nei confronti di quei soggetti, titolari di una semplice delega e magari mai utilizzata (spesso si tratta di anziani genitori o di figli appena maggiorenni, che neanche sanno di averla). Poiché in tale caso è ammessa la prova contraria, la situazione sopra delineata potrebbe essere esplicitata nella relazione accompagnatoria, evitando inutili complicazioni su situazioni certamente semplici?
È vero che l’approvazione da parte del Governo del decreto delegato sull’abuso del diritto, al cui interno è inclusa la norma relativa al fatidico raddoppio dei termini, probabilmente servirà, ma non prima dell’effettiva entrata in vigore, a far emergere quelle situazioni più complesse, che per ora stentano a presentarsi, ma non possiamo dimenticare che il modulo contiene una sezione, che si può tranquillamente definire di “delazione legalizzata”, che porrà non pochi problemi applicativi.
Immaginiamo il caso di tre soci di una società di capitali italiana, dove solo uno di questi abbia espatriato i proventi non dichiarati e tra loro divisi: se il soggetto in questione vorrà regolarizzare la propria posizione, dovrà, come esemplificato dalla circolare, citare la società come soggetto coobbligato, ma poiché nella relazione esplicativa occorrerà dare contezza circa l’origine dei proventi, i suoi soci saranno così felici per la decisione assunta?
Non sembra proprio che la norma contenga una simile previsione, ma modello prima e circolare poi hanno sicuramente contribuito a complicare ulteriormente un provvedimento di per sé già nato non sotto i migliori auspici.
Abbiamo poi la questione dei prelievi in contanti effettuati durante gli anni interessati dal provvedimento, per i quali si attende di conoscere il trattamento ai fini dell’imposizione diretta.
C’è ancora il problema di che cosa indicare nel riquadro 1 della Sezione IV, VD 16, del modello: che cosa si deve intendere per “totale delle attività estere alla data di emersione”? Se parliamo del 31 dicembre 2013, si tratta di un dato già presente nella Sezione II; se parliamo della data in cui viene inviato il modello, si tratta di un dato impossibile da fornire, neanche utilizzando l’escamotage della dichiarazione integrativa, visto che finirebbe per essere un cane che si morde la coda; dobbiamo intendere il 31 dicembre 2014, così da monitorare la corretta compilazione del quadro RW di UNICO 2015 per il 2014?
Nel dubbio tutto rimane fermo.
Da ultimo, in riferimento a quanto appena citato, c’è un UNICO 2015, che dovrà contenere i rendimenti 2014 delle attività finanziarie rimpatriate, con imposte da pagare entro il mese di giugno e con contribuenti che, visti tutti i dubbi ad oggi irrisolti, non hanno ancora deciso che fare.
Visto che siamo praticamente a metà maggio e visto l’ingolfamento nelle banche estere per la trasmissione di tutta la documentazione necessaria per adempiere correttamente a quanto richiesto, come si potrà rispettare la scadenza?
Come si può notare, non pochi sono i dubbi relativi a un provvedimento, che sin da subito si è voluto smarcare dal precedente “scudo fiscale” (comunque mai abbastanza rimpianto, quantomeno per semplicità e immediatezza), ma che con il passare del tempo ha vieppiù amplificato le difficoltà operative, iniziate, come molti ricorderanno, con le vicende relative agli adempimenti antiriciclaggio.
Lungi dal voler essere iscritti d’ufficio al “Partito della Proroga”, riteniamo che, anche con agosto di mezzo, gli iter parlamentari da un lato e i silenzi dell’Amministrazione finanziaria dall’altro, non potranno che portare a una logica conclusione, che sin da ora, oltre ad essere ampiamente condivisibile, appare l’unica soluzione praticabile, se si vuole che il provvedimento possa avere il successo auspicato.
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