Ravvedimento «insidioso» per plurimi errori nel reverse charge
Non è chiaro se sia necessario computare il minimo di 258 euro per singola operazione, o sempre il 3% dell’IVA assolta per sbaglio
Sovente accade che, in ragione della complessità della materia, emergano errori nell’applicazione del reverse charge. Nello specifico, può succedere che il cedente/prestatore emetta fattura con IVA per operazioni soggette a inversione contabile, e che, di conseguenza, il cessionario/committente registri l’operazione come un normale acquisto detraendo la relativa imposta.
In tal caso, ipotizzando che il cedente/prestatore abbia regolarmente pagato l’IVA (in ipotesi contraria, la sanzione sarebbe dal 100% al 200% dell’imposta con un minimo di 258 euro) e che non sussistano limiti alla detrazione, la sanzione, nella versione oggi in vigore ex art. 6 comma 9-bis del DLgs. 471/97, è pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro.
Ma che dire ...
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