Ma perché non riusciamo ad avere un Fisco serio e assertivo?
Caro Direttore,
quanto vorremmo avere un rapporto collaborativo e sereno con l’Agenzia delle Entrate. Alla fine tutti ci dobbiamo fare i conti, come contribuenti e in particolare noi professionisti nell’assistere i contribuenti.
In tale veste, ove noi siamo “disinteressati”, meri intermediari, siamo tenuti sotto la nostra responsabilità patrimoniale a dare consigli giusti, in linea con la legge, imparziali, onesti. Se non lo facciamo, e a prescindere dal “segno” dell’errore, ne rispondiamo o davanti al cliente (per le tasse pagate in più o in meno) o davanti al Fisco (sì, abbiamo anche questa responsabilità diretta, almeno sulla vicenda visto di conformità), se non davanti alla Procura della Repubblica.
Lo stesso atteggiamento disinteressato vorremmo vederlo nell’Agenzia. E tante, tante volte lo ritroviamo: l’Agenzia ha fior di funzionari che sanno fare bene il loro mestiere, che sanno distinguere il contribuente corretto da quello “furbo”, l’errore formale da quello veniale o dal ladrocinio.
Poi vediamo comunicati come quello dei risultati dell’Agenzia e vediamo come tutta la serenità che ci vorrebbe, tutta l’imparzialità e la serietà “va a farsi friggere” in nome della comunicazione politica, raccontando mezze verità, consegnando un quadro non veritiero della situazione e inducendo in errore non solo i policy maker, ma anche l’opinione pubblica.
Si parte coi rimborsi, asserendo che è già stata rimborsata l’IVA richiesta al 31 luglio 2016. Ho sottomano una sentenza della C.T. Reg. de L’Aquila del 17 novembre 2014 passata in giudicato su un credito di quattro milioni relativo al 2009, non ancora erogato. Chissà quanti sono in tutta Italia.
Sorvoliamo sull’aumentata efficienza grazie alla digitalizzazione, che è stata realizzata semplicemente traslando oneri sui contribuenti. Si indica la gestione di 200 milioni di modelli F24 tra i servizi per la modernizzazione e la crescita del Paese, ma ci chiediamo chi li ha compilati... Si enuncia il successo della riscossione del canone TV, che in realtà andrebbe attribuito alle società elettriche, che lo hanno svolto gratuitamente.
Si riporta che le risposte agli interpelli sui nuovi investimenti sono state sei, con ricadute occupazionali per circa 75.000 posizioni lavorative. Ci sfugge il nesso. Sembra quasi che le risposte dell’Agenzia siano state finalizzate all’occupazione piuttosto che alla corretta applicazione delle norme. Se tanto ci dà tanto, sarebbe interessante valutare le ricadute occupazionali negative generate dagli accertamenti errati.
Riscossione: si indica un aumento tutto compreso da 14,9 a 19 miliardi. Peccato che le entrate dall’attività di controllo siano in realtà diminuite (da 7,5 a 6,4), giacché nel medesimo rigo sono state conteggiati 4,1 miliardi derivanti dalla voluntary disclosure, e che 8,5 miliardi sia mera attività di riscossione.
Ma quel che più ci fa male è l’indice di vittoria dei contenziosi: si riporta con enfasi che l’Agenzia vince sette contenziosi su dieci. Il che si spiega col fatto che include tra le vittorie anche quelle parziali. Che è come dire che tra Agenzia e contribuenti il totale dei successi è dell’ordine del 140/150%. Ma, se si pensa che l’Agenzia è, o dovrebbe essere, un operatore imparziale (art. 97 Cost.), ci pare che sbagliare totalmente le interpretazioni di legge e fatti ben 26.350 volte, e sbagliarne parzialmente una quantità probabilmente analoga (il dato è ignoto), non sia indice di vera imparzialità.
E non è nemmeno tutto, perché nella relazione non si dà alcuna indicazione del numero di atti errati annullati su istanza del contribuente, in tutto o in parte, nella fase precontenziosa (CIVIS autotutela, adesione, mediazione). Che, immaginiamo, sia una misura a cinque zeri (le sole pratiche CIVIS sono 993.700).
Unica nota positiva: le comunicazioni per l’invito alla compliance. L’unico servizio davvero “a favore del cittadino”, che invita a rimediare in tempo, con poca spesa, a situazioni che appaiono irregolari. Di questo ci sentiamo di ringraziare francamente.
Ora, siamo professionisti, cerchiamo il dialogo e sappiamo bene che una certa dose di “gioco delle parti” è inevitabile, che la materia è spesso incerta, ostica e la giurisprudenza, troppo spesso frettolosa, non aiuta (ci piacerebbe conoscere la durata media delle udienze pubbliche, tanto per dare un’idea di quanti minuti in media bastino per vagliare le questioni e chiedere alle parti su ciò che non si è compreso nei testi scritti).
Ma se si vuole un rapporto sereno bisogna saper ammettere dove si sbaglia, riflettere “un attimo soltanto, un attimo di più” quando si muove una contestazione, non inseguire il contenzioso o irrogare sanzioni dove evasione non c’è, negare rimborsi dovuti con ogni sorta di scusa formale (considerando che dietro un rimborso c’è un contribuente che ha pagato più del dovuto), considerare i danni che si causano al sistema ogni volta che si muove una contestazione errata.
Per fare questo, temiamo, va cambiato il sistema degli obiettivi dell’Agenzia, premiandola quando bene agisce ma anche disincentivandola quando sbaglia. Conteggiando onestamente tutti gli errori come tali.
Giampiero Guarnerio
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano
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