Le statistiche sul contenzioso e «l’ansia da prestazione» dei vertici dell’Agenzia
Gentile Redazione,
puntuale come ogni anno, l’Agenzia delle Entrate rivendica dati sulla percentuale di vittorie in contenzioso che lasciano abbastanza perplessi. “In Cassazione vinciamo 9 volte su 10”.
Poi, andando nel dettaglio, emerge che la percentuale del 90,9% è calcolata dall’Agenzia solo sulle controversie dove è il contribuente a ricorrere, perché in secondo grado ha già perso. Sulle controversie in Cassazione dove è l’Agenzia a ricorrere, il dato rimarrebbe dignitoso, ma scenderebbe al 65,1%. Il condizionale però è d’obbligo, perché, andando ancora più nel dettaglio, parrebbe che l’Agenzia calcoli tutte queste percentuali al netto dei giudizi in cui la Cassazione decide di rinviare la controversia ai giudici di merito.
E allora quali sono le statistiche vere al netto di questo, di quello e di quell’altro?
Con tutto il rispetto, tra quelle autodichiarate dall’Agenzia sulle sue performance in Cassazione e quelle ufficiali che pubblica ogni trimestre il Dipartimento delle Finanze sulle performance dell’Agenzia delle Entrate e degli altri enti impositori davanti alle Commissioni tributarie provinciali e regionali, crediamo abbia più senso ragionare su queste ultime.
E queste statistiche (le ultime pubblicate e scaricabili dal sito del Dipartimento sono relative al trimestre luglio-settembre 2016) ci dicono che le vittorie piene in giudizio dell’Agenzia delle Entrate non superano il 44,6% in primo grado e il 43,8% in secondo grado: meno di una su due.
È poco? È tanto? Noi pensiamo sia poco, ma soprattutto guardiamo con preoccupazione a un ente impositore che cerca in tutti i modi di enfatizzare la propria performance anche a costo di autoprodurre statistiche e tirare per la giacchetta i numeri. Un’ansia da performance che, lo abbiamo visto nei giorni scorsi, porta a rivendicare, con orgoglio e sprezzo del buon senso, come incremento statistico anno su anno del gettito recuperato anche quello proveniente da una misura una tantum come la voluntary disclosure.
Ci preoccupa perché questo atteggiamento da “ansia da prestazione” si riflette inevitabilmente nel rapporto con il contribuente e rende difficile pure la vita a quei tanti funzionari che, in molte circostanze, vorrebbero poter contestare il giusto ai fini tributari, piuttosto che il necessario ai fini statistici.
Per questo, ci siamo da sempre battuti perché il dato del gettito recuperato uscisse dal novero degli obiettivi presi a base per il calcolo degli incentivi alla dirigenza, riuscendovi nel 2015 durante l’esperienza del Governo Renzi.
Per questo, ascoltiamo con preoccupazione le voci secondo cui sembra si stia già pensando di ripristinarlo.
Semmai, c’è da introdurre nei calcoli degli incentivi un meccanismo di penalizzazione con punteggi negativi nel caso in cui le statistiche sul contenzioso evidenzino che i contribuenti vengono ingiustamente trascinati fino al giudizio più di una volta su quattro (ossia vittorie dell’ente impositore inferiori al 75%).
Usando però come parametro le statistiche ufficiali, non quelle che ci si fabbrica in casa a proprio uso e consumo.
Enrico Zanetti
Segreterio di Scelta Civica ed ex Viceministro dell’Economia
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