Se si riducono gli interpelli, la risposta al front office dovrebbe essere scritta
Egregio Direttore,
leggo sul quotidiano di oggi della videoconferenza del dottor Ruffini circa la riforma fiscale e la problematica degli interpelli (si veda “Presentati più di 17.000 interpelli nel 2022”).
Sterilizzata doverosamente ogni considerazione in merito allo smisurato accrescimento degli stessi causato dalla “bomba” 110%, è evidente e assodato che nel sistema fiscale italiano torna impresa ardua avere la certezza della corretta applicazione della norma fiscale, anche senza il 110%.
Corretta l’osservazione che testé riporto: “riservare la presentazione degli interpelli solo ai casi in cui non sia possibile ottenere risposte tramite i servizi di interlocuzione rapida”.
Il punto nevralgico e che la risposta al front office non può essere verbale come accade oggi.
Il vero atto di civiltà fiscale sarebbe quello di poter ottenere, recandosi negli uffici dell’Agenzia delle Entrate, due righe scritte (anche tramite riproduzione di una circolare o analogo documento di prassi) che il contribuente possa esibire in sede di verifica o controllo, con timbro e firma di chi le rilascia per conto dell’Agenzia.
Solo una tale previsione può ottemperare a quanto detto e rappresentare una svolta epocale.
Inaccettabile in ogni caso, sempre per civiltà, dover pagare qualcosa all’ente preposto a sorvegliare e applicare correttamente il tributo, per ottenere l’interpretazione di una norma di difficile lettura o anche non così complessa: il contribuente è un soggetto di diritto in ogni caso e portatore di diritti sia se con limitate capacità interpretative che non, ci mancherebbe dovesse pagare per rispettare la legge!
Credo che l’imposta basti a pagare anche il servizio che deve essere a disposizione dello stesso.
Giorgio Manfioletti
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Trento e Rovereto
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