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IMPRESA

Nel consorzio con attività esterna, la consorziata non agisce contro il committente

Avendo una propria autonomia patrimoniale, il consorzio è l’unico legittimato ad agire

/ Elisa TOMBARI

Martedì, 2 dicembre 2025

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29441 del 6 novembre scorso, ha ritenuto priva di fondamento la pretesa di un’impresa consorziata al riconoscimento del corrispettivo per l’esecuzione di lavori aggiuntivi non previsti, svolti nell’ambito di un contratto di appalto stipulato tra il consorzio e la società committente, fondando tale pretesa sul presupposto che l’esistenza del consorzio con attività esterna non facesse venir meno l’autonomia delle singole consorziate.

In generale, il contratto di consorzio è disciplinato dagli artt. 2602 e ss. c.c., mentre la disciplina che regola i consorzi con attività esterna, nei quali è prevista l’istituzione di un ufficio comune destinato a svolgere un’attività con i terzi nell’interesse delle imprese consorziate, è contenuta nei successivi artt. da 2612 a 2615-ter c.c.
Nell’ordinanza in esame si osserva come i consorzi, contrattando con i terzi per conto delle imprese consorziate, operino quali loro mandatari, dovendo farsi carico delle obbligazioni assunte verso i terzi.

Nella materia consortile, però, l’art. 1705 c.c. in tema di mandato senza rappresentanza – che prevede l’assunzione di obbligazioni solo a carico del mandatario – subisce una deroga a opera dell’art. 2615 comma 2 c.c. Quest’ultimo stabilisce che “per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati rispondono questi ultimi solidalmente col fondo consortile [...]”. Si determina, quindi, una responsabilità solidale tra consorzio e singolo consorziato laddove le obbligazioni siano contratte per conto di quest’ultimo (anche senza la spendita del nome) e una duplice legittimazione passiva (in via alternativa e cumulativa) sia del consorzio che del consorziato, in capo al quale l’obbligazione sorge direttamente per il solo fatto che sia stata assunta nel suo interesse.

In caso di sottoscrizione di un contratto di appalto, il consorzio, proprio per la sua ordinaria funzione esterna di intermediario tra i consorziati e i terzi, agisce “per conto” del consorziato, ma naturalmente “in nome proprio”, ovvero “in nome proprio ma nell’interesse del consorziato” (in senso conforme cfr. Cass. n. 12958/2007, per la quale il consorzio con attività esterna è un autonomo centro di rapporti giuridici, potendo stipulare contratti anche in nome proprio, e Cass. n. 3664/2006).

Si osserva, peraltro, che i consorzi con attività esterna, svolgendo attività ausiliaria per conto delle consorziate, rispetto ai terzi sono considerati autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici di responsabilità e, come gli imprenditori commerciali consorziati, sono assoggettabili al fallimento (e, oggi, a liquidazione giudiziale).

Tale ricostruzione consente di definire il consorzio come un ente collettivo connotato da una propria organizzazione, qualificazione e soggettività rispetto alle proprie consorziate, ed è quindi corretto considerarlo l’unico legittimato ad agire nei confronti del committente nonché il titolare delle somme riscosse in esecuzione del contratto.
Ciò comporta che – riprendendo un principio espresso dalla stessa Suprema Corte con la sentenza n. 1192/2018 in materia di consorzi stabili con rilevanza esterna – “non ha fondamento la pretesa della consorziata, assegnataria ed esecutrice dei lavori appaltati, al riconoscimento [...] delle somme incamerate dal consorzio [...]”.

L’autonomia soggettiva e patrimoniale differenzia il consorzio da ATI o RTI

L’autonomia soggettiva e patrimoniale di diritto che connota il consorzio con attività esterna costituisce proprio il dato in base al quale quest’ultimo si differenzia ontologicamente dai “raggruppamenti temporanei di impresa” (ATI o RTI), che invece costituiscono aggregazioni temporanee occasionali tra imprese, costituite al fine di realizzare uno specifico progetto, e sono prive di personalità giuridica autonoma. Come sottolineato dai giudici di legittimità, infatti, “mentre il consorzio con attività esterna può essere dichiarato fallito, potendo essere aperta la liquidazione giudiziale, in base al nuovo codice della crisi, l’ATI non può essere sottoposta alle procedure concorsuali”.

In applicazione di tali principi, la Cassazione conclude ritenendo che il consorzio, in qualità di ente dotato di una propria autonomia patrimoniale, sia l’unico soggetto legittimato ad agire nei confronti del committente per rivendicare eventuali compensi per i lavori aggiuntivi, ed esclude che:
- le somme riscosse dal committente appartengano in via esclusiva alla consorziata incaricata di eseguire i lavori;
- quest’ultima abbia la possibilità di richiedere in piena autonomia somme derivanti dal contratto d’appalto stipulato tra il consorzio e la stazione appaltante.

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