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Mercoledì, 26 novembre 2025 - Aggiornato alle 6.00

IL CASO DEL GIORNO

Paletti all’azione del datore volta a limitare gli effetti dello sciopero

/ Federico ANDREOZZI

Mercoledì, 26 novembre 2025

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La garanzia costituzionale del diritto di sciopero non priva il datore di lavoro del potere organizzativo, né della possibilità di cercare, a fronte dell’astensione collettiva dei propri dipendenti, soluzioni idonee a limitare il danno materiale che potrebbe conseguirne: è quindi legittimo che l’impresa possa servirsi di mezzi legali che le consentano di attenuare gli effetti lesivi e di minimizzare le perdite economiche indotte dall’agitazione sindacale.

Tuttavia, è pur sempre necessario che gli strumenti adottati non incidano sull’esercizio del diritto di sciopero; quindi, ci si può chiedere fino a dove si estenda la possibilità per il datore di porre in essere comportamenti atti a far fronte all’astensione collettiva realizzata dai lavoratori; dove è situato, in altri termini, il bilanciamento tra diritto di sciopero (art. 40 Cost.) e il diritto all’iniziativa economica (art. 41 Cost.).

In materia, si registrano numerose pronunce, di legittimità e di merito, che aiutano a orientarsi tra i confini della fattispecie.
Un primo esempio è fornito da una recentissima ordinanza della Cassazione, la n. 29740/2025. In tale ipotesi, i giudici di legittimità hanno ritenuto antisindacale il comportamento datoriale consistito nell’aver emesso istruzioni organizzative dirette ad incidere sul diritto di sciopero dei lavoratori. In particolare, dette disposizioni concernevano adempimenti anteriori all’inizio dello sciopero e la cui osservanza imponeva di avere già anticipato la decisione di aderire all’astensione. Per la Suprema Corte, queste direttive erano idonee a comprimere la “indiscutibile facoltà del lavoratore di scegliere se aderire o meno all’astensione sino all’inizio della medesima, attraverso la previsione di una procedura da intraprendere inevitabilmente prima”.

Allo stesso modo, anche il Tribunale di Firenze, con pronuncia del 15 ottobre 2020, ha dichiarato antisindacale il comportamento datoriale diretto a imporre agli scioperanti di manifestare la volontà di aderire allo sciopero con un preavviso tale da consentire al datore di ridurre i disagi e i danni derivanti dall’astensione.

Sono numerosi, poi, i casi in cui i magistrati sono stati chiamati a decidere sulla legittimità della condotta del datore, con riferimento alla specifica ipotesi in cui quest’ultimo, per attutire gli effetti dell’astensione collettiva, sostituisca i lavoratori scioperanti con personale aziendale (c.d. crumiraggio interno), ovvero con lavoratori estranei all’azienda (c.d. crumiraggio esterno). Se con riferimento a quest’ultima fattispecie vi sono dei precisi riferimenti normativi atti a decretarne l’illegittimità (artt. 20 comma 1 lett. a) e 32 comma 1 lett. a) del DLgs. 81/2015), con riguardo al crumiraggio interno, la Cassazione ha avuto modo di affermare come non costituisca attività antisindacale la condotta del datore di lavoro che, in occasione di uno sciopero, nell’intento di limitarne le conseguenze dannose, adibisca il personale rimasto in servizio alle mansioni dei lavoratori scioperati: nel bilanciamento del diritto di libera iniziativa economica dell’imprenditore e del diritto di sciopero, quest’ultimo non può dirsi leso quando il primo sia esercitato senza violare norme poste a tutela dei lavoratori (cfr. Cass. n. 20164/2007).

In altre occasioni, è stato altresì precisato, con riferimento alla fattispecie di sostituzione di lavoratori scioperanti con dipendenti adibiti a mansioni superiori, come possa escludersi l’antisindacalità della condotta datoriale, “solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari a quelle proprie della posizione dei lavoratori così assegnati” (cfr. Cass. n. 26368/2009). Detti principi sono stati fatti propri anche da un arresto del Tribunale di Udine del 7 febbraio 2024, che ha aggiunto come il datore non possa, comunque, “accettare supinamente tutte le conseguenze negative derivanti dalla astensione”, potendo quindi esercitare il suo potere organizzativo per limitare il pregiudizio derivante dallo sciopero.

Da ultimo, merita di essere richiamata la recente pronuncia n. 155/2025 del Tribunale di Ferrara. In tale occasione, il giudice ha escluso l’antisindacalità della condotta posta in essere, nell’ambito di un rapporto di appalto, dalla committente, che aveva sostituito i lavoratori scioperanti dell’azienda appaltatrice con dipendenti propri. Come precisato in motivazione, non poteva parlarsi di crumiraggio esterno: i lavoratori impiegati in sostituzione erano infatti già assunti dall’impresa. La pronuncia inoltre, sottolineava la carenza di legittimazione passiva: nel caso di specie, non era stato il datore (formale) a porre in essere la condotta antisindacale, bensì la committente: il meccanismo di cui all’art. 28 della L. 300/70 non poteva attivarsi, pertanto, nei confronti di quest’ultima, stante il dato letterale della norma: “[q]ualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti […]”.

Per un approfondimento in materia, si rinvia a “La condotta antisindacale del datore di lavoro tra norma e prassi” della rivista La Consulenza del Lavoro.

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