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PROFESSIONI

Aumentano le donne commercialiste ma il gender pay gap rimane ampio

Il Comitato nazionale pari opportunità presenta il bilancio di genere e un sondaggio per indagare la condizione femminile nella professione

/ Savino GALLO

Mercoledì, 26 novembre 2025

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In 12 anni, dal 2012 al 2024, la presenza femminile tra gli iscritti all’albo dei commercialisti è passata dal 31,1% al 34, ma il gender pay gap, per quanto si sia ridotto dal 46,3 al 42,9%, rimane ancora ampio. Sono alcuni dei numeri contenuti nel Bilancio di Genere realizzato dal Comitato nazionale pari opportunità (CNPO) e presentato ieri nel corso del convegno “Le barriere invisibili”, che si è tenuto in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.

Nel documento sono stati inseriti anche i risultati di un questionario che il CNPO, assieme alla Fondazione nazionale di categoria, ha sottoposto a oltre 3.600 commercialisti. Obiettivo del sondaggio era quello di approfondire la tematica della conciliazione vita-lavoro e indagare le cause di una differenza reddituale ancora marcata tra uomini e donne.

Tra queste, c’è sicuramente quella che viene definita la “penalità di maternità”, ovvero lo svantaggio professionale ed economico che le donne possono subire quando hanno un figlio. Ai commercialisti è stato chiesto se, dopo la nascita di un figlio, abbiano avuto la percezione che il reddito sia diminuito o che la carriera abbia subito una battura d’arresto: il 45,5% ha risposto di no, ma tra questi solo il 33% sono donne; mentre tra chi ha risposto di sì la componente femminile è sempre in netto vantaggio. C’è anche chi ha avuto la percezione che il reddito sia aumentato, ma anche in questo caso la stragrande maggioranza (75,8%) è composta da uomini. Risposte che rendono l’idea di quanto la nascita di un figlio sia impattante molto più sulle donne che su gli uomini e non solo nei primi anni di vita del bambino.

C’é, inoltre, anche una “care penalty”, ovvero la perdita di reddito e opportunità lavorative causata dalla necessità di prestare assistenza ai propri famigliari. Stando all’indagine, anche in questo caso le donne sono più penalizzate: il 60,7% si occupa direttamente dell’assistenza contro il 39,3% degli uomini e quasi il 70% ci dedica più di 5 ore al giorno contro il 15% circa dei colleghi maschi. Nascono anche da qui le difficoltà nella conciliazione vita-lavoro che, per quanto sentite maggiormente dalle donne (il 59,4% dà risposta negativa), sembra in realtà essere un problema abbastanza trasversale (54,2% del campione generale).

Quanto al gender pay gap, il sondaggio conferma la maggiore presenza femminile nelle fasce di reddito più basse e la predominanza maschile in quelle più elevate. Il 66,5% delle donne dichiara redditi inferiori ai 60 mila euro (contro il 47,4% dei maschi); viceversa, oltre i 60 mila euro ci sono il 33,5% di donne e il 52,6% di uomini.

Per spiegare questa differenza, CNPO e FNC hanno formulato 5 ipotesi. Innanzitutto, le ore lavorate (il 54% delle donne dichiara di lavorare più di 8 ore contro il 58% degli uomini), la posizione nello studio (differenziale di 10 punti tra donne e uomini titolari), l’età media rispetto al genere (le donne sono meno presenti nelle fasce di età più avanzata, in cui generalmente si guadagna di più), la specializzazione (le donne risultano maggiormente specializzate in attività a più bassa remunerazione come contabilità e fisco e meno in consulenza e revisione), motivazioni di carattere psicologico. A quest’ultimo proposito, le donne (22,3%) fanno più fatica degli uomini (13,6%) a rifiutare proposte di lavoro anche quando sono pagate male.

“Il nostro – ha commentato il Presidente del CNDCEC, Elbano de Nuccio – è un Paese che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, ma ne deve fare ancora altri, anche in ambito professionale, a cominciare dal gender pay gap che è uno degli aspetti fondamentali su cui lavorare per colmare le distanze esistenti tra uomo e donna. Noi commercialisti dobbiamo essere un modello nella proposizione di norme che trovino attuazione nel sistema normativo nazionale”. De Nuccio ha sottolineato anche l’importanza di lavorare all’interno di associazioni interprofessionali come “Professionisti insieme”, di cui proprio nei giorni scorsi è stato eletto Presidente, per “fare massa critica” e presentare “proposte unitarie” alla politica.

Per Rosa D’Angiolella, Consigliera nazionale delegata nonché Presidente del CNPO, “è importante la formazione in materia di pari opportunità, ma determinanti sono anche politiche di sostegno per la genitorialità e il caregiving in sinergia con le Casse di previdenza. Occorre puntare, inoltre, su una formazione specialistica e sulla promozione di iniziative volte al miglioramento del bilanciamento vita-lavoro, per contrastare lo stress da lavoro che caratterizza, in generale, la professione di commercialista”.

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