Senza reverse charge la rettifica IVA su cessioni di energia elettrica ante 2015
Il meccanismo del reverse charge non si applica alle note di variazione IVA, in aumento o in diminuzione, riferite a fatture che non sono state assoggettate a tale meccanismo in quanto questo non era ancora entrato in vigore.
È quanto sancito dall’Agenzia delle Entrate con il principio di diritto n. 2 pubblicato ieri, 12 agosto.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria richiama l’ipotesi in cui, per effetto dell’aggiornamento dei prezzi relativi all’energia elettrica ceduta a un soggetto passivo-rivenditore, si verifichi una variazione in aumento della base imponibile IVA delle cessioni già effettuate nel periodo ante 2015.
Per le cessioni di gas ed energia elettrica nei confronti di un soggetto passivo-rivenditore, come definito dall’art. 7-bis comma 3 lett. a) del DPR 633/72, è prevista infatti l’applicazione del reverse charge ai sensi dell’art. 17 comma 6 lett. d-quater) del medesimo decreto. Lo speciale meccanismo antifrode è stato introdotto, però, soltanto dal 2015 (per effetto della L. 190/2014).
Pertanto, qualora il cedente, in ragione dell’aggiornamento dei prezzi dell’energia, addebiti al cessionario (soggetto passivo-rivenditore) corrispettivi aggiuntivi riferiti a una cessione effettuata nel periodo ante 2015, questi andranno fatturati addebitando l’IVA in rivalsa e non mediante reverse charge, in quanto l’operazione principale cui si riferisce la variazione non era soggetta a tale meccanismo.
Questa soluzione, precisa l’Agenzia, è in linea con quanto già chiarito in passato dalla risoluzione n. 36/2011, con riguardo alle rettifiche IVA riferite a cessioni di telefoni cellulari e dispositivi a circuito integrato per le quali il reverse charge è previsto dall’art. 17 comma 6 lett. b) e c) del DPR 633/72.