Bancarotta impropria anche per le valutazioni
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 41541, depositata ieri, ha ribadito alcuni principi in tema di bancarotta fraudolenta impropria da false comunicazioni sociali, ex art. 223 comma 2 n. 1 del RD 267/42, e da operazioni dolose, ex art. 223 comma 2 n. 2 del RD 267/42.
Quanto alla prima, si ricorda come sia configurabile anche in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi se l’agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni (cfr. Cass. n. 46689/2016).
Quanto alla seconda, si conferma come le operazioni dolose potrebbero consistere anche nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, ove questo sia frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società da cui consegua il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’Erario e degli enti previdenziali (cfr. Cass. n. 24752/2018).
Dal punto di vista dell’elemento soggettivo, inoltre, non occorre il dolo specifico diretto alla causazione del fallimento, ma solo il dolo generico, ossia la coscienza e volontà delle singole operazioni e la prevedibilità del dissesto come conseguenza della condotta antidoverosa; circostanza ritraibile dall’aggravamento delle posizioni debitorie per l’applicazione degli interessi e delle sanzioni inflitte dagli enti erariali e previdenziali (cfr. Cass. n. 16111/2024).