ACCEDI
Venerdì, 8 agosto 2025 - Aggiornato alle 6.00

FISCO

Tariffe TARI degli alberghi non applicabili agli agriturismi

Per il TAR della Campania le due strutture non sono equiparabili, ma la giurisprudenza di merito non ha ancora un indirizzo nettamente prevalente

/ Antonio PICCOLO

Venerdì, 8 agosto 2025

x
STAMPA

download PDF download PDF

Con la sentenza n. 171/2025 il TAR della Campania, accogliendo il ricorso proposto da un imprenditore agricolo esercente anche l’attività di agriturismo, ha ritenuto che ai fini dell’applicazione della TARI le strutture agrituristiche non sono equiparabili alle strutture alberghiere, come invece previsto dall’impugnato regolamento comunale.

Infatti, l’allegato 2 del regolamento comunale TARI per l’anno 2021, recante l’elenco delle “categorie di attività con omogenea potenzialità di produzione di rifiuti”, ha stabilito che nell’ambito delle “utenze non domestiche” anche le attività alberghiere e quelle agrituristiche hanno omogenea quantità di rifiuti prodotti (punti 7 e 8).
Da qui la contestazione dell’imprenditore agricolo che, con apposita perizia, ha dimostrato dinanzi ai primi giudici amministrativi che l’annessa attività agrituristica svolta nella propria azienda agricola è quella tipica, rappresentata dall’attività di ricettività con pochi posti letto (n. 7) e con la somministrazione di soli pasti freddi, ai fini della degustazione dei propri vini DOP e IGP, con esclusione quindi di qualsivoglia attività di cucina e di ristorazione.

Il primo decidente, valorizzando le indicazioni esplicitate in precedenza dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 1162/2019 e dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4938/2024 e nell’ordinanza n. 22966/2021, ha accolto agevolmente il ricorso ritenendo che nel caso di specie l’attività di agriturismo sia davvero un’attività “sussidiaria e complementare” all’attività agricola pura e semplice; per l’effetto, ha annullato per illegittimità i provvedimenti impugnati nei limiti della questione trattata, ossia per illegittima equiparazione ai fini della TARI delle attività alberghiere e agrituristiche.

Si tratta di una questione controversa da tempo.
In un primo momento si è discusso addirittura di esonerare dalla “tassa sui rifiuti” le strutture agrituristiche, trattandosi pur sempre di attività annessa alla principale attività agricola, come riconosciuto dalla normativa sia nazionale (L. 96/2006) che regionale. Successivamente, grazie soprattutto alle alternanti decisioni giurisprudenziali, il dibattito si è spostato, più correttamente, sulla necessità di applicare all’attività agrituristica, in assenza di una specifica categoria tariffaria, la tariffa prevista per gli “alberghi” con un’apposita riduzione (minimo 30%) per l’uso non continuativo e stagionale dell’attività stessa e per la minore quantità di rifiuti prodotti.

Come si ricorderà, con la predetta sentenza n. 1162/2019 il Consiglio di Stato ha affermato che ai fini della TARI l’attività di agriturismo non ha le caratteristiche aziendali di un albergo, sicché l’imposizione per tale attività va differenziata in base ai principi generali di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, che esigono una classificazione distinta e autonoma della relativa tariffazione, con deliberazione di un’apposita sottocategoria.

Ne discende che per le attività agrituristiche i Comuni, in virtù del fondamentale principio comunitario “chi inquina paga” (art. 14 della direttiva 2008/98/Ce e art. 1 comma 652 della L. 147/2013), ben possono commisurare (tramite metodo normalizzato o puntuale) la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia dell’attività svolta (Consiglio di Stato n. 81/2025; nota IFEL del 6 maggio 2019).
Ciò non conduce a considerare i rifiuti dell’attività agrituristica comunque rifiuti agricoli, al pari di quelli (“speciali” ai sensi del modificato art. 184 comma 3 del DLgs. 152/2006) provenienti dalle attività propriamente agricole come, ad esempio, la coltivazione del fondo e l’allevamento di animali (Cass. n. 4938/2024).

Nell’ambito della giurisprudenza tributaria di merito la questione dell’equiparazione delle predette attività ai fini della “tassa sui rifiuti” non ha ancora un indirizzo nettamente prevalente.
Infatti, da una parte si continua a ritenere che l’attività agrituristica è assimilabile a quella delle strutture alberghiere (C.G.T. II Sicilia n. 1556/13/24, C.G.T. II Campania n. 5199/19/24 e C.G.T. II Puglia n. 173/23/24); dall’altra, si afferma correttamente la diversa natura delle strutture alberghiere e agrituristiche e quindi la differente quantità di rifiuti prodotti (C.T. Reg. Emilia Romagna n. 459/1/22, C.G.T. II Lombardia n. 1495/11/24 e C.G.T. II Umbria n. 68/1/24).

TORNA SU