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LAVORO & PREVIDENZA

È scritto il licenziamento se si invia l’UniLav con WhatsApp

In sede di impugnazione del licenziamento è bene non limitarsi a contestare solo la mancanza di forma scritta

/ Giada GIANOLA

Mercoledì, 25 giugno 2025

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In questi anni, con il progressivo sempre maggiore utilizzo della tecnologia e di strumenti di comunicazione informatici, con riferimento alle modalità di trasmissione della comunicazione di licenziamento i Tribunali hanno avuto modo di chiarire in diverse occasioni che il requisito della forma scritta può ritenersi assolto anche utilizzando WhatsApp (cfr. Trib. Catania 27 giugno 2017, Trib. Napoli Nord n. 3132/2024, Trib. Santa Maria Capua Vetere n. 990/2024 e Trib. Aosta n. 52/2018).

Con la pronuncia n. 990/2024 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha nello specifico chiarito che la comunicazione del licenziamento via WhatsApp è valida quando contenga l’indicazione delle generalità delle parti, degli estremi del rapporto di lavoro, della data del recesso e delle relative motivazioni, nonché quando sussista la conferma della ricezione del messaggio e della lettera di licenziamento e una risposta da parte del lavoratore o, in ogni caso, si possa desumere da altri elementi che vi sia stata effettiva ricezione e conoscenza da parte del lavoratore stesso.

Il Tribunale di Catania, con l’ordinanza del 27 giugno 2017, ha poi ritenuto il recesso intimato tramite WhatsApp idoneo ad assolvere l’onere della forma scritta “trattandosi di documento informatico che parte ricorrente ha con certezza imputato al datore di lavoro, tanto da provvedere a formulare tempestiva impugnazione stragiudiziale”.

In continuità con tale indirizzo si è pronunciato il Tribunale di Napoli Nord con la sentenza n. 1758/2025, in relazione al caso in cui il datore di lavoro aveva trasmesso ad alcuni lavoratori il modello UniLav a mezzo WhatsApp. Nel modello UniLav trasmesso veniva precisata quale ragione giustificatrice del recesso datoriale il licenziamento “per giustificato motivo oggettivo”.

I lavoratori avevano quindi impugnato il licenziamento perché, secondo la loro prospettazione, intimato oralmente, senza contestare il difetto di motivazione e/o la mancanza del giustificato motivo oggettivo addotto. Veniva quindi contestata solamente l’idoneità del mezzo impiegato per la trasmissione ai fini dell’integrazione della forma scritta richiesta dalla legge.

Il Tribunale di Napoli Nord ha però ritenuto che la trasmissione al lavoratore via WhatsApp del modello UniLav deve considerarsi una modalità di comunicazione in forma scritta del licenziamento. Nella fattispecie in esame, quindi, il licenziamento non è stato dichiarato inefficace in quanto intimato oralmente, dovendosi ritenere comunicato in forma scritta.

Nella sentenza si richiama, oltre al disposto dell’art. 2 della L. 604/66 – il cui comma 1 dispone che il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, mentre il successivo comma 3 che è inefficace il licenziamento intimato senza l’osservanza della forma scritta – anche l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale la comunicazione di risoluzione del rapporto di lavoro inviata al Centro per l’Impiego può soddisfare il requisito della forma scritta a condizione che tale comunicazione venga portata a conoscenza anche del lavoratore interessato (come Cass. n. 14090/2006).

Nel caso di specie tale comunicazione era avvenuta tramite WhatsApp e nel modello UniLav trasmesso risultava espressamente indicato, come anticipato, sia che il recesso trovava fondamento nel “licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, sia la relativa data di decorrenza.

L’indicata comunicazione, contrariamente a quanto sostenuto dai lavoratori, è stata considerata dal giudice equivalente a una comunicazione scritta del recesso datoriale, in quanto “conforme alla ratio dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966”, che è quella di “portare a conoscenza del lavoratore, in forma scritta, il licenziamento e la ragione del recesso datoriale. Invero, nel modello «Unilav» (in atti) sono indicati i motivi del recesso («licenziamento per giustificato motivo oggettivo») e la data del licenziamento”.

Considerato che era stata contestata solo la forma orale del licenziamento, il giudice non è entrato nel merito della sua legittimità, rigettando così l’impugnazione proposta dai lavoratori.
Alla luce di ciò è plausibile ritenere che, qualora i lavoratori avessero impugnato il licenziamento anche, in via subordinata, sotto il profilo sostanziale, contestando la mancata indicazione dei motivi o l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo, il Tribunale avrebbe potuto accogliere l’impugnazione.

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