Contestazioni fuorigioco sul margine del general contractor superbonus
Alcune verifiche di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza stanno dando esiti non in linea con la prassi ufficiale dell’Amministrazione finanziaria
Sul cosiddetto “margine” del “general contractor” del superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, alcune verifiche dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza stanno dando esiti che denotano una non brillantissima dimestichezza non solo con i diversi schemi contrattuali utilizzati dagli operatori, ma anche con le stesse indicazioni di prassi ufficiale che l’Agenzia ha diramato sul tema con la circ. n. 23/2022 (§ 6.1).
Come evidenziato dalla stessa Agenzia, nell’ambito dei lavori privati (dove non esistono vincoli alla potestà decisionale del committente di affidare i lavori a una impresa priva di determinate caratteristiche organizzative e di consentirle di subappaltarli al 100%), la figura del general contractor non ha un proprio inquadramento giuridico e dipende quindi dallo schema contrattuale adottato.
Se, ad esempio, lo schema contrattuale adottato è quello del contratto “integrato” di appalto con facoltà di subappalto anche integrale e di mandato senza rappresentanza (per la “canalizzazione” suo tramite di tutte le fatture di addebito al committente di spese detraibili relative a prestazioni rese da fornitori diversi dai subappaltatori), il “general contractor superbonus” (che assume verso il committente le obbligazioni contrattuali proprie dell’appalto per le opere in esso ricomprese e le obbligazioni contrattuali proprie del mandatario senza rappresentanza per l’acquisto degli ulteriori servizi professionali non ricompresi nell’appalto) ritrae:
- un margine per la sua attività di appaltatore per la realizzazione delle opere, pari alla differenza tra il corrispettivo pattuito con il committente e quello pattuito con il subappaltatore;
- un margine per la sua attività di mandatario senza rappresentanza finalizzata al coordinamento dei diversi fornitori e per l’applicazione “unitaria” dello sconto in fattura, pari al corrispettivo che addebita, per questa attività, al committente, oppure ai fornitori medesimi, a seconda dello schema contrattuale adottato.
L’unico margine che, laddove posto a carico del committente, dovrebbe considerarsi spesa non detraibile ai fini del superbonus (e, quindi, corrispettivo “non scontabile” in fattura al committente) è quello eventualmente addebitato al committente per l’attività di mero coordinamento e per l’applicazione dello sconto sul corrispettivo (non quello per l’attività di appaltatore con facoltà di subappalto anche integrale).
Se poi nulla viene addebitato a tale titolo al committente, perché lo schema contrattuale prescelto, tra i vari alternativi, prevede invece che il corrispettivo di questa attività venga addebitato al fornitore, il quale sostiene la spesa al pari di altri costi organizzativi nell’ambito della sua attività d’impresa o professionale (spesa che ben volentieri sostiene a titolo di fee per il servizio commerciale di segnalazione al committente per l’affidamento dell’incarico e per il servizio amministrativo di interfaccia nel rapporto con la banca ai fini della “monetizzazione” del credito d’imposta), non c’è alcun tema di indetraibilità (e, quindi, di “non scontabilità” in fattura), semplicemente perché non c’è alcun corrispettivo “aggiuntivo” addebitato a tale titolo al committente.
Quanto precede, oltre a essere perfettamente coerente al quadro normativo e a prassi commerciali del tutto normali, si evince anche dalla già richiamata circ. n. 23/2022 (§ 6.1), la quale:
- evidenzia l’indetraibilità del corrispettivo corrisposto dal committente al general contractor solo “per l’attività di mero coordinamento svolta e per lo sconto in fattura applicato” (non quello per l’attività di appaltatore, ove lo schema contrattuale adottato così lo configuri per una parte delle sue obbligazioni verso il committente);
- dimostra consapevolezza che questo corrispettivo è “eventuale”, perché nella molteplicità di accordi contrattuali alternativi non è affatto detto che il “general contractor superbonus” addebiti al committente questo corrispettivo (e, nella prassi contrattuale, ciò non si è praticamente mai verificato), potendo legittimamente scegliere di “caricare” la sua attività, resa anche nell’interesse dei fornitori, solo in capo a questi ultimi;
- sottolinea che ciò che conta è che lo sconto in fattura applicato dal “general contractor superbonus” al committente non sia superiore a quello che gli avrebbero applicato i singoli fornitori qualora avessero essi stessi fatturato direttamente al committente con sconto in fattura.
Di tutte le indicazioni di prassi ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, l’ultima è in verità quella su cui, più di tutte, dovrebbero concentrare la propria attenzione funzionari e militari in sede di verifica, prima di formalizzare constatazioni di inesistenza di crediti d’imposta per milioni di euro con riguardo a casi in cui i crediti sarebbero stati i medesimi anche se il “general contractor superbonus” si fosse limitato a fare da consulente “commerciale e bancario” ai singoli fornitori e questi ultimi avessero fatturato con sconto “direttamente” ai committenti.
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