Deducibili i costi relativi a operazioni soggettivamente inesistenti
La deduzione è invece esclusa per l’inesistenza oggettiva
La sentenza n. 8716/2025 della Cassazione rappresenta un punto di riferimento fondamentale nell’evoluzione giurisprudenziale in materia di fatture inesistenti e deducibilità dei costi fiscali. Con un richiamo a precedenti ormai consolidati, in particolare alle pronunce n. 8480/2022 e n. 4645/2020, la Suprema Corte ribadisce con rinnovata fermezza il principio di diritto che distingue in modo netto la disciplina applicabile alle operazioni oggettivamente inesistenti da quella riservata a quelle soggettivamente inesistenti.
Al centro del ragionamento dei giudici di legittimità vi è la regola secondo cui i costi derivanti da operazioni oggettivamente inesistenti sono in via di principio esclusi dalla deducibilità fiscale. Questo anche qualora tali costi risultino formalmente conformi ai requisiti previsti dall’art. 109 del TUIR e dall’art. 5 del DLgs. 446/1997, norme che disciplinano rispettivamente la deducibilità dei costi per l’IRES e l’IRAP.
Tale esclusione si fonda sulla natura stessa dell’operazione inesistente: essa è priva di qualsiasi riscontro concreto e sostanziale, e dunque non può giustificare la deduzione fiscale, la quale presuppone la sussistenza di un effettivo fatto economico. In questo senso, la giurisprudenza ha da tempo affermato che la mera forma non può sorreggere la legittimità fiscale di un costo inesistente nella realtà.
La Cassazione distingue in modo netto le operazioni soggettivamente inesistenti da quelle oggettivamente inesistenti. Le prime si caratterizzano per la presenza di un’attività economica concreta, seppur con fatture emesse da soggetti formalmente non abilitati o inesistenti, come nel caso di società “cartiere” o intermediari fittizi. In tali ipotesi, pur sussistendo un elemento di fittizietà nei rapporti tra i soggetti coinvolti — spesso associato alla consapevolezza del contribuente di una frode tributaria — è ammessa la deducibilità dei costi, purché siano rigorosamente dimostrati i requisiti sostanziali di effettività, inerenza e certezza dell’operazione economica sottostante.
L’effettività dell’operazione si traduce, quindi, nella reale esecuzione del fatto economico sottostante, mentre l’inerenza richiede un collegamento diretto e funzionale tra il costo sostenuto e l’attività d’impresa. La competenza economica, secondo la giurisprudenza consolidata, impone che il costo venga imputato al periodo d’imposta corretto, evitando artifici contabili. La certezza e la determinabilità, infine, si riferiscono alla necessità che l’ammontare del costo sia definito o quantificabile con ragionevole precisione, escludendo oneri indeterminati o aleatori.
La valutazione non si limita dunque all’apparenza formale, ma si fonda sull’analisi delle caratteristiche sostanziali dell’operazione e sul ruolo attivo e consapevole del contribuente. Al contrario, le operazioni oggettivamente inesistenti, quali l’emissione di fatture per prestazioni o forniture mai avvenute e prive di qualsiasi riscontro materiale, escludono in via di principio la deducibilità fiscale.
Questa distinzione assume rilievo concreto nella prassi tributaria, evitando che situazioni soggettivamente irregolari comportino automaticamente la perdita del diritto alla deduzione, qualora siano stati sostenuti costi reali e inerenti all’attività economica.
Va sottolineato che questo orientamento non rappresenta una novità assoluta, ma si colloca in continuità con una linea giurisprudenziale ormai consolidata, che ha progressivamente affinato i criteri di valutazione della prova e della sostanza delle operazioni economiche nei rapporti tributari. L’effettività e l’inerenza dell’operazione sono diventate principi cardine su cui si fonda la possibilità di dedurre i costi, mentre la mera irregolarità formale o soggettiva, pur rilevante, non determina automaticamente la negazione del diritto alla deduzione.
Vietata ogni riproduzione ed estrazione ex art. 70-quater della L. 633/41