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FISCO

Legittima l’esclusione automatica da appalti con cartelle non pagate sopra i 5.000 euro

Tutelata la posizione di parità degli operatori economici

/ Giorgio INFRANCA e Pietro SEMERARO

Martedì, 29 luglio 2025

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Con la sentenza n. 138 del 28 luglio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità con riguardo all’art. 80 comma 4 del DLgs. 50/2016, nella parte in cui comporta l’automatica esclusione dalle gare d’appalto in presenza di violazioni fiscali “gravi” definitivamente accertate, intendendosi come tali quelle aventi a oggetto importi superiori a 5.000 euro.
Secondo la Consulta, infatti, la soglia di 5.000 euro, derivante dal richiamo all’art. 48-bis del DPR 602/73 contenuto nel secondo periodo dell’art. 80 comma 4, non può ritenersi né irragionevole, né sproporzionata.

Occorre anzitutto evidenziare che, sebbene l’art. 80 del DLgs. 50/2016 sia ormai stato abrogato e sostituito dal nuovo Codice degli appalti (DLgs. 36/2023), esso continua ad applicarsi – per effetto dell’art. 226 comma 2 del DLgs. 36/2023 – a tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova norma (1° luglio 2023).
Ciò premesso, la sentenza trae origine dalla questione di legittimità sollevata dal Consiglio di Stato, il quale aveva espresso dubbi sulla compatibilità tra l’art. 80 comma 4 del DLgs. 50/2016 e l’art. 3 della Costituzione. Secondo il giudice remittente, la previsione di una soglia fissa di rilevanza (pari a 5.000 euro) per l’esclusione dagli appalti, indipendentemente dal loro valore, potrebbe condurre a risultati manifestamente sproporzionati, peraltro impossibili da risolvere attraverso un’interpretazione adeguatrice della norma.
Il caso concreto ne è un esempio emblematico: a fronte di un appalto del valore di oltre 9 milioni di euro, un operatore economico era stato escluso per un debito tributario definitivamente accertato di 18.000 euro, vale a dire un importo 530 volte inferiore al valore della commessa.

Secondo il Consiglio di Stato, la soglia di esclusione automatica di cui all’art. 80 comma 4 sarebbe irragionevole e sproporzionata, in quanto non sarebbe giustificata né dalla ratio legis intrinseca (integrità e affidabilità dell’operatore selezionato), né da quella estrinseca, di indole fiscale, tesa a perseguire la compliance impoesattiva. A tale irragionevolezza si potrebbe far fronte, sostiene il giudice remittente, solo con un intervento additivo che correlasse la gravità della violazione anche al valore dell’appalto, come già previsto per le violazioni non definitivamente accertate (almeno 10% del valore della gara, con soglia minima di 35 mila euro).

La Consulta, tuttavia, non ha ritenuto fondate le eccezioni di costituzionalità. In particolare, secondo la Consulta, l’esclusione automatica mira a garantire la correttezza e l’affidabilità degli operatori economici e ad assicurare condizioni di parità competitiva nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. La misura, inoltre, è coerente con l’art. 57 della direttiva 2014/24/Ue, che impone agli Stati membri l’esclusione obbligatoria in caso di violazioni fiscali definitivamente accertate, salvo per i “piccoli importi”.

Respinta la tesi del Consiglio di Stato

In questo senso, la soglia di 5.000 euro, mutuata dall’art. 48-bis del DPR 602/73, individua un certo grado di significatività del debito fiscale, al di sopra del quale il legislatore, nell’ambito della sua discrezionalità, ha ritenuto di non consentire la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.
Né, prosegue la Corte Costituzionale, è possibile rilevare una sproporzione rispetto alla soglia di gravità delle violazioni non definitive (cioè violazioni pari al 10% del valore dell’appalto e, comunque, non inferiore a 35 mila euro), anzitutto in quanto l’esclusione per irregolarità non definitive è prevista dalla Direttiva Ce come meramente facoltativa, e poi perché è ragionevole prevedere condizioni più favorevoli per le irregolarità non definitive, al fine di contemperare il rischio sotteso alla decisione di escludere un operatore nonostante il debito possa poi rivelarsi non esistente.

In ogni caso, la Corte ha rimesso al legislatore la valutazione circa l’opportunità di prevedere soglie di esclusione più elevate per le violazioni fiscali definitivamente accertate, al fine di perseguire più efficacemente l’interesse pubblico ad avere la più ampia partecipazione possibile alle gare di appalto.

Infine, occorre sottolineare come la sentenza in commento assuma rilevanza non solo con riferimento all’ormai abrogato art. 80 del DLgs. 50/2016, ma anche con riguardo agli attuali artt. 94 e 95 del DLgs. 36/2023, che condividono le medesime cause di esclusione, ovvero 5.000 euro per le violazioni definitivamente accertate e il 10% del valore dell’appalto (e comunque non inferiori a 35.000 euro) per le violazioni non definitivamente accertate.

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