La «banca corrispondente» non interviene nella riscossione degli interessi
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22419/2025, depositata ieri, afferma il principio di diritto in base al quale, con riferimento alle ritenute su interessi e redditi di capitale di cui all’art. 26 comma 3 del DPR 600/73, la nozione di “banca corrispondente”, incaricata (nella specie) della collocazione nel mercato di quote di fondi lussemburghesi, non coincide necessariamente con quella di soggetto residente che “interviene” nella riscossione degli interessi.
La controversia trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava alla società (una banca) italiana l’omessa effettuazione della ritenuta alla fonte del 27% (ora del 26%) sugli interessi maturati da fondi comuni di investimento esteri (nel caso, lussemburghesi), i cui conti erano depositati presso una banca estera (anch’essa lussemburghese).
La società proponeva quindi ricorso sostenendo di essere “mera collocatrice” delle quote dei fondi e non soggetto pagatore, ottenendo un primo accoglimento con decisione di prime cure, poi riformata dalla C.T. Reg.: quest’ultima, diversamente, qualificava la banca ricorrente come “soggetto incaricato dei pagamenti” da considerarsi quale sostituto d’imposta tenuto all’effettuazione della ritenuta ai sensi del citato art. 26 comma 3 del DPR 600/73.
Secondo la Cassazione, invece, la C.T. Reg. ha erroneamente assimilato il ruolo di “banca corrispondente” (collocatrice) a quello di soggetto che interviene nella riscossione degli interessi.
La Corte ribadisce, in particolare, che, ai fini della ritenuta ex art. 26 comma 3 del DPR 600/73, occorre un intervento effettivo nella riscossione, non integrando tale presupposto l’attività di mera commercializzazione: l’intervento nella collocazione delle quote dei fondi esteri non necessariamente comporta l’intervento anche nella riscossione degli interessi che maturino sui conti correnti intestati a tali fondi.
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