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LAVORO & PREVIDENZA

Sanzioni al datore per ritardi nell’invio della denuncia delle malattie professionali

L’azienda ha sempre l’obbligo di trasmettere la denuncia al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 53 del DPR 1124/65 o qualora l’INAIL la richieda

/ Fabrizio VAZIO

Lunedì, 18 agosto 2025

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La denuncia delle malattie professionali deve essere trasmessa dal datore di lavoro all’INAIL, corredata dei riferimenti al certificato medico già trasmesso all’Istituto per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio, entro i cinque giorni successivi alla data in cui il prestatore d’opera ha fatto denuncia al datore di lavoro circa la manifestazione della malattia.
Il mancato rispetto del termine di denuncia all’INAIL comporta, per il datore di lavoro, l’irrogazione di una sanzione amministrativa che va da un minimo di 1.290 euro a un massimo di 7.745 euro (art. 53 del DPR 1124/65).

Il processo di riconoscimento di una malattia professionale presso l’INAIL è complesso in quanto coinvolge professionalità amministrative, mediche e spesso anche tecniche; esso rende partecipe in maniera rilevante anche il datore di lavoro, normalmente ben di più che nel caso di infortunio.

Prima di tutto, va evidenziato che l’azienda ha sempre l’obbligo di invio della denuncia di malattia professionale al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 53 del DPR 1124/65 o qualora l’Istituto la richieda. Essa non può, pertanto, sovrapporre la propria valutazione a quella dell’INAIL, ma deve inviare la denuncia corredandola dei documenti che quest’ultimo richiede.
In particolare, oltre a eventuale documentazione sanitaria, l’INAIL domanda generalmente il documento di valutazione dei rischi per stimare anche se la lavorazione svolta presso l’azienda è tabellata e se, quindi, sussiste la presunzione di eziologia professionale, sempre che sia tabellata anche la malattia e sia stata denunciata entro i termini di indennizzabilità.

L’invio della documentazione deve essere particolarmente sollecito poiché, ove ciò non avvenga, il rischio è che l’Istituto disponga un accertamento ispettivo atto a recuperare in azienda la documentazione non trasmessa. In tal caso, fra l’altro, il rischio è che la verifica ispettiva, pur originata dalla malattia professionale, si estenda alla classificazione tariffaria ove essa venga ritenuta ictu oculi errata in tutto o in parte.
Nulla vieta che il datore di lavoro trasmetta documentazione ulteriore rispetto a quella richiesta per chiarire meglio la situazione, vieppiù ove egli ritenga che la malattia non abbia carattere professionale o, comunque, non sia stata contratta in azienda.

Va chiarito che la circostanza per cui la malattia ha origine professionale non significa che la responsabilità di tale evento sia attribuibile al datore di lavoro. Ciò avverrà solo nel caso in cui venga accertato che egli abbia omesso misure di sicurezza e pertanto la causazione dell’evento sia dovuta a una sua specifica responsabilità.
Non va dimenticato, peraltro, che in esito al riconoscimento di una malattia professionale, il medico INAIL trasmette ex art. 365 c.p.p. il referto all’Autorità giudiziaria che potrà, ove ritenga, avviare le opportune indagini.

Un caso particolare di malattia professionale è quello della costrittività organizzativa, ovvero il mobbing.
In tale ipotesi, l’ispezione è assai probabile e tenderà ad acquisire conferma o meno degli elementi già rappresentati all’INAIL dal lavoratore: la documentazione che verrà richiesta non è standardizzabile, differendo da caso a caso.
La trattazione di una costrittività organizzativa da parte dell’Istituto è peculiare e non sfugge peraltro il rilievo che, in tali casi, di norma, vi è anche già pendente un procedimento penale o comunque una controversia civile instaurata dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro. In questa ipotesi, l’esito degli accertamenti dell’Istituto assume evidente rilevanza. Anche in detto caso il datore di lavoro, ove ritenga che la patologia non abbia carattere professionale, dovrà attivarsi per fornire all’Istituto tutti gli elementi atti a supportare tale tesi.

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