Senza una valida delibera sui compensi resta la possibilità di una determinazione equitativa
Il Tribunale di Milano, nella sentenza del 30 gennaio 2025, prende in esame la richiesta giudiziale di pagamento dei compensi presentata dal presidente del CdA di una spa che recava la seguente clausola statutaria: “Ai membri del CdA spettano il rimborso delle spese sostenute per ragioni del loro ufficio ed un compenso determinato dall’assemblea all’atto della nomina.
La remunerazione degli amministratori investiti della carica di presidente, amministratore o consigliere delegato è stabilita dal CdA, sentito il parere del collegio sindacale, nel rispetto dei limiti massimi determinati dall’assemblea.
L’assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche”.
Rispetto alla citata pretesa si afferma che, in assenza di una valida deliberazione assembleare e consiliare alla luce delle prescrizioni statutarie, non è ravvisabile un valido titolo per il riconoscimento del compenso dell’amministratore investito della particolare carica di presidente del CdA.
Tuttavia, la previsione statutaria è tale da riconoscere al presidente del CdA il diritto alla remunerazione; remunerazione che può essere determinata dal giudice in via equitativa, ex art. 1709 c.c., avuto riguardo alla quantità e qualità dell’attività effettivamente svolta e all’utile conseguito dalla società, sulla base di elementi di fatto che è onere dell’amministratore allegare e provare. In particolare, rileva l’attività svolta come presidente delle adunanze e il risultato della gestione (che, nella specie, risultava notevolmente negativo).
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