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FISCO

Impatriati agevolati con istanza di rimborso

La Corte di Cassazione interviene, per la terza volta, in senso favorevole al contribuente

/ Luisa CORSO

Mercoledì, 3 settembre 2025

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Con ordinanza n. 23526 del 19 agosto 2025 la Corte di Cassazione ha ammesso il rimborso delle maggiori imposte versate da un soggetto avente i requisiti per accedere al regime degli impatriati di cui all’art. 16 comma 1 del DLgs. 147/2015, pur in mancanza di apposita istanza al datore di lavoro e di indicazione in dichiarazione dei redditi dell’imponibile ridotto.

Si tratta della terza pronuncia della Suprema Corte, favorevole al contribuente, circa la non necessarietà degli adempimenti richiesti dall’Amministrazione finanziaria ai fini agevolativi; oggetto di analisi è il c.d. “vecchio” regime degli impatriati di cui all’art. 16 del DLgs. 147/2015, nella versione vigente anteriormente alle modifiche apportate dal DL 34/2019.

Il caso di specie riguarda una persona trasferitasi in Italia ad agosto 2017, la quale aveva quindi acquisito la residenza fiscale italiana dal 2018, periodo con riferimento al quale il lavoratore chiedeva il rimborso delle imposte versate in misura eccedente, non avendo fatto richiesta al datore di lavoro per l’applicazione delle ritenute in misura ridotta, né avendo fruito in dichiarazione dei redditi del regime agevolativo di cui all’art. 16 del DLgs. 147/2015.

A fronte del silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria, il contribuente proponeva ricorso, accolto da entrambe le Corti di merito; più nello specifico, la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di II grado Lombardia del 29 gennaio 2024 n. 297 affermava il principio per cui la decadenza dall’agevolazione in parola per la mancata richiesta al datore di lavoro, o tramite dichiarazione dei redditi, non è prevista da alcuna norma.

Confermando le conclusioni dei precedenti gradi giudizio, volte a riconoscere il diritto al beneficio, l’ordinanza n. 23526/2025 richiama i principi affermati dalla precedente pronuncia n. 34655/2024 (e ribaditi nell’ordinanza n. 15234/2025), riguardante però il diverso caso di una persona potenzialmente agevolabile in base alle regole previste per i c.d. “controesodati” trasferitisi in Italia entro il 31 dicembre 2015, con riferimento ai quali l’art. 16 comma 4 del DLgs. 147/2015 allora vigente aveva consentito di “optare” per il regime degli impatriati ai sensi del § 1.3 del provv. dell’Agenzia delle Entrate n. 46244/2016 mediante richiesta scritta al datore di lavoro (anche in quel caso, il lavoratore aveva “omesso gli adempimenti formali previsti dalla legge per la fruizione dell’agevolazione”).

La Suprema Corte, nella nuova ordinanza n. 23526/2025, conformandosi al precedente orientamento, riafferma il principio per cui nel caso di specie non opera alcun divieto di rimborso.
Al riguardo, è nuovamente richiamata la disposizione di cui all’art. 44 comma 3-quater del DL 78/2010 (riguardante gli incentivi per docenti e ricercatori ma riprodotta in modo omologo nell’art. 16 comma 5-ter del DLgs. 147/2015 per gli impatriati), in base alla quale “non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle imposte versate in adempimento spontaneo”; secondo i giudici, tale norma, introdotta dall’art. 5 del DL 34/2019, non può, per espressa disposizione normativa, avere efficacia retroattiva.

La conclusione circa la non sussistenza del divieto di rimborso è corretta ma, anche in questo caso, il percorso argomentativo impiegato non risulta ineccepibile sotto il profilo tecnico.
Infatti, il divieto di cui all’art. 44 comma 3-quater del DL 78/2010 è stato inserito dall’art. 5 del DL 34/2019, così come nel parallelo art. 16 comma 5-ter del DLgs. 147/2015, nell’ambito della c.d. “sanatoria AIRE”, volta ad ammettere i benefici per i cittadini italiani non iscritti all’AIRE ma in precedenza residenti all’estero in base alle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Invocando la non retroattività del divieto di rimborso introdotto con l’art. 5 del DL 34/2019 mediante l’inserimento delle suddette diposizioni, la Corte di Cassazione sembrerebbe inibire il generale recupero ex post della maggiore imposta per chi è rientrato successivamente alla loro entrata in vigore.

Vista la collocazione normativa del divieto in questione, in entrambi i casi inserito nei commi riguardanti i soggetti non iscritti all’AIRE, dovrebbe invece ritenersi che, al di fuori della casistica menzionata, il soggetto interessato possa, in via residuale, presentare istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/73.

Ciò posto, con riguardo al caso prospettato, la pronuncia n. 23526/2025 conferma che, in presenza dei requisiti di legge, il lavoratore avrebbe tre strade per fruire dei benefici: in primo luogo, presentando apposita richiesta al datore di lavoro al fine di ottenere il prelievo delle ritenute in misura ridotta (si tratterebbe quindi di una modalità mediante la quale fruire del beneficio e non dell’esercizio di un’opzione); in alternativa, in caso di impossibilità di provvedere da parte di quest’ultimo, il contribuente può fruire dei benefici in dichiarazione dei redditi e, da ultimo, ove non ci si sia adoperati neanche in sede di dichiarazione, mediante istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/73 e nei relativi termini.

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