Non risponde il notaio che non annota il fondo patrimoniale se c’è solo pericolo di danno
Occorre dimostrare l’effettiva diminuzione del patrimonio come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento
Il notaio che non annota l’atto costitutivo del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio non è responsabile se tale condotta ha generato solo un pericolo di diminuzione patrimoniale e non un danno attuale.
Questo è il principio espresso dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 24344 del 1° settembre 2025, relativa a una richiesta di risarcimento di 500.000 euro avanzata da due coniugi nei confronti del notaio che aveva rogato l’atto costitutivo del fondo patrimoniale, senza annotarlo all’atto di matrimonio.
In particolare, i coniugi rilevavano che, a causa dell’inadempimento del professionista, la banca, di cui il marito era debitore per più di 2 milioni di euro, aveva iscritto ipoteca giudiziale su tutti gli immobili conferiti in fondo patrimoniale, annunciando l’intenzione di procedere a esecuzione; trovandosi detti beni nell’imminente pericolo di essere sottoposti a esecuzione forzata, i coniugi si erano visti costretti ad avviare le trattative con la creditrice e pagare, infine, la somma di 500.000 euro, che chiedevano a titolo di risarcimento.
La Cassazione ha accolto il ricorso del notaio ed escluso la sua responsabilità professionale.
I giudici, preliminarmente, hanno richiamato il principio secondo cui il danno risarcibile derivante da condotta inadempiente del notaio “non si identifica necessariamente col prezzo pagato dall’acquirente, ma con la situazione economica nella quale il medesimo si sarebbe trovato qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione” (Cass. 26 agosto 2014 n. 18244); inoltre, “l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti di un professionista che abbia violato i propri obblighi professionali può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui il danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione” (Cass. 14 febbraio 2013 n. 3657).
Perché si configuri responsabilità professionale, dunque, non è sufficiente l’inadempimento, ma occorre anche la dimostrazione che dall’omissione è derivato un danno, consistente nell’effettiva diminuzione del patrimonio come conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento.
Nel caso di specie, il giudice d’appello, al contrario, ha individuato come elemento sufficiente a riconoscere la responsabilità del notaio un “pericolo” patrimoniale, quello di perdere gli immobili costituiti nel fondo, ritenendo che, essendo detti beni capienti per la soddisfazione dell’intero credito, ciò ha indotto i coniugi ad avviare le trattative con la banca e a pagare la somma che veniva poi richiesta al notaio a titolo di risarcimento.
Evidenzia ancora la Cassazione che la corresponsione dei 500.000 euro alla banca era un atto dovuto (peraltro, una somma ben inferiore al dovuto), insorgente da una causa diversa rispetto all’errore del notaio, vale a dire il debito di uno dei coniugi verso la banca. Non è, pertanto, sostenibile che sia stata la condotta erronea del notaio a spingere il marito ad adempiere il suo rapporto negoziale con la banca, perché la fonte dell’adempimento risiede nel rapporto negoziale stesso, e l’errore del notaio non si è inserito nella sequenza di concausazione fattuale-giuridica di un esatto adempimento, comunque dovuto, da una parte contrattuale alla sua controparte.
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