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IL CASO DEL GIORNO

Residenza con criteri «interni» per i neo domiciliati

/ Gianluca ODETTO

Lunedì, 20 ottobre 2025

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Tra le varie insidie che pone la nozione di residenza fiscale delle persone fisiche, alcune di esse riguardano i possibili riflessi sulle opzioni per i regimi agevolativi per il rientro in Italia, e in particolare sulle opzioni per i regimi dei neo domiciliati (art. 24-bis del TUIR) e dei titolari di pensioni estere (art. 24-ter del TUIR).

Il problema nasce dalla struttura delle disposizioni che regolano l’agevolazione. Entrambe, infatti, presuppongono che i soggetti interessati trasferiscano la propria residenza fiscale in Italia (per i titolari dei redditi di pensione nei soli Comuni interessati) “ai sensi dell’art. 2, comma 2” del TUIR, e quindi in ragione dei criteri di collegamento previsti dalla norma interna, da verificare per la maggior parte del periodo d’imposta.

Il richiamo alle regole nazionali è altresì contenuto nelle rispettive disposizioni di attuazione: sia il § 1.2 del provv. Agenzia delle Entrate n. 47060/2017, sia il § 1.2 del provv. Agenzia delle Entrate n. 167878/2019, prevedono che l’opzione si perfezioni nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui gli interessati hanno trasferito la residenza ai sensi dell’art. 2 comma 2 del TUIR (o, per i soli neo domiciliati, nella dichiarazione del periodo d’imposta successivo).

Il quadro normativo è, quindi, tale per cui la mera integrazione di uno dei criteri di collegamento previsto dall’art. 2 risulta suscettibile di considerare la persona tra quelle ammesse all’agevolazione e (questione più delicata) di considerare l’anno in cui il requisito è integrato quale anno nella cui dichiarazione l’opzione va esercitata (per i neo domiciliati, come detto, vi è una annualità in più).

La norma, al pari di quanto avviene ai fini della valutazione del requisito della residenza pregressa, non considera il dato convenzionale, con le conseguenti problematiche che possono emergere laddove la persona, pur avendo una presenza qualificata che possa radicare la residenza in Italia a norma dell’art. 2 del TUIR, rimanga un non residente in base alle disposizioni del Trattato tra l’Italia e l’altro Stato.

Un precedente in tal senso si rinviene nella risposta a interpello n. 21/2024, riferita al regime ex art. 24-ter del TUIR. Il caso era quello di un cittadino inglese che si era iscritto alle Anagrafi italiane ma che, per impegni lavorativi e familiari, per alcuni anni risultava ancora residente nel Regno Unito in virtù dell’art. 4 § 2, della Convenzione con l’Italia, essendo localizzato nell’altro Stato il centro degli interessi vitali. La risposta dell’Agenzia delle Entrate era però stata lapidaria nella parte in cui aveva ritenuto non necessario “indagare la configurabilità di una situazione in cui il soggetto risulti residente, oltre che in Italia, in uno o più altri Stati e, dunque, l’applicabilità delle c.d. tie breaker rules”.

Ne deriverebbe, a questo punto, la possibilità (ma più che di possibilità si dovrebbe parlare di obbligo) di optare per l’agevolazione nella dichiarazione dell’annualità in cui la residenza è trasferita ai sensi dell’art. 2 del TUIR, pur se in tale anno lo status di non residente convenzionale non porterebbe alcun beneficio (la pensione estera pagata a un non residente, infatti, nella maggior parte dei casi non è imponibile in Italia).

L’opzione “a vuoto” rappresenterebbe presumibilmente una sorta di prenotazione del beneficio per gli anni a venire, in cui la persona andrà ad acquisire la residenza in Italia anche ai fini convenzionali, tipicamente con lo spostamento in Italia del centro degli interessi vitali.

Una dimenticanza potrebbe costare cara, in quanto per l’opzione in anni successivi verrebbe presumibilmente eccepita l’intervenuta decadenza (pur se, come detto, per i neo domiciliati è possibile optare nel secondo anno e per entrambe le agevolazioni è ammessa la remissione in bonis).

Il problema si amplifica in relazione alla circostanza per cui le stesse norme impongono di guardare anche alla residenza pregressa in base ai meri criteri “interni”.
In questo contesto, il criterio della presenza fisica potrebbe creare ulteriori problemi. Ragionando per paradossi, il frontaliere sloveno che, dopo anni di lavoro come portuale a Monfalcone, vincesse 50 milioni al Superenalotto in Slovenia e intendesse trasferirsi in Italia e optare per il regime ex art. 24-bis del TUIR, lo potrebbe ancora fare nella dichiarazione riferita al 2024. A diverse conclusioni si potrebbe invece arrivare se la fortuna arridesse a questa persona, ad esempio, nel 2027, posto che non verrebbe rispettato il requisito di legge per cui l’opzione è esercitata nella dichiarazione del primo periodo di residenza in Italia (a questo punto, il 2024, nel quale la persona è presente tutti i giorni lavorativi a Monfalcone) o in quella dell’annualità successiva; a rigore risulterebbe invece verificato il requisito della residenza pregressa, per il quale occorrerebbe valutare le risultanze del decennio 2014-2023.

Fuor di metafora, la rivisitazione dei criteri di residenza interni potrebbe essere l’occasione per una parallela rivisitazione della prassi che ha sinora negato il ricorso ai criteri di valutazione convenzionale della residenza nei contesti di cui trattasi, al fine di evitare possibili situazioni paradossali in cui il beneficio è negato per ragioni di mera forma quando invece appare evidente che la persona ha, nelle annualità interessate, la residenza altrove.

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